I dati ISTAT dal
Censimento e da ricerche ci dicono che in Italia la situazione è la seguente:
Popolazione: 59.433.744
(52% popolazione femminile)
11,6% disoccupati
(ufficiali)
248000 avvocati (0,4%)
3.300.000 dipendenti
pubblici (5,5%)
1.400.000 circa gli
insegnanti di ogni ordine e grado (2,4%)
¼ dei deputati e senatori
sono avvocati e impiegati, in particolare gli avvocati sono 110 (11%)
(le percentuali sono fatte
su base 60 milioni)
Giorni di bollente dibattito sulle quote rosa questi che
precedono la riforma elettorale. Ma è veramente quello di mettere per legge la
parità di genere il problema?
Se è vero che il 52% della popolazione italiana è di sesso
femminile, altrettanto vero è che chi vuole la parità di genere per legge non
vuole mettere i partiti in cui milita di fronte alle loro responsabilità.
Dovrebbero essere infatti i partiti stessi a porsi il problema delle
candidature, di come farle, di come eleggere le loro segreterie, di rispettare il tessuto sociale. Renzi da questo punto di vista è stato corretto, parità di donne nella
segreteria del PD, parità di ministri. L’elettore invece vorrebbe avere sulla
scheda persone nelle quali potersi riconoscere, al di là del genere, del colore
della pelle, della rappresentanza, per questo la necessità anche delle
preferenze. Se invece si ritiene di dover imporre la composizione delle liste in modo rigido, perchè non
tenere conto delle altre variabili della società? Metà uomini e metà donne, all'interno di questi il 10% dovranno essere i disoccupati, il
5,5% i dipendenti pubblici, di questi il 2,4% insegnanti di ogni ordine e grado.
L’11% di avvocati attualmente nei due rami del parlamento dovranno essere
drasticamente ridotti allo 0,4%. E via ancora con gli stranieri residenti e
ancora con ogni altra variabile. Sarebbe follia allo stato puro, ovviamente.
Se può essere vero che occorre abbandonare a volte il
politicamente corretto, come sostiene Serra in un articolo, e costringere chi
ha le mani sulle orecchie per non sentire a scostarle, altrettanto vero è che
io, elettore, debbo avere facoltà di scelta. E più vero ancora è che i partiti,
che sono il fulcro delle democrazie, debbono darsi autonomamente regole. Il
fatto che non siano in grado di farlo la dice lunga sulla debacle etica, politica
e culturale dei partiti stessi, nessuno escluso. Occorre lottare
strenuamente, per chi è all'interno dei partiti, uomo o donna che sia, perchè
queste regole vengano messe negli statuti, il pretendere una legge che li
costringa a prendere atto è un vulnus per i partiti stessi, è il palesare la
loro inconsistenza ed incapacità. Purtroppo da qualche anno si va avanti per categorie, “occorre svecchiare, ci vogliono i giovani” “quote rosa” eccetera.
Bene, uno dei politici più giovani sbocciati negli ultimi anni si chiama Renzo
Bossi. Le donne di spicco dell’era berlusconiana si chiamano Binetti, Santanchè,
Mussolini ecc. Al di là del genere, non esiterei a dare la mia preferenza a Rodotà, vecchio e
uomo.
I disoccupati? Sarebbe bello fossero rappresentati nelle istituzioni, farne
una legge però renderebbe vana la loro stessa rappresentatività, diventerebbero specie rare da proteggere. Altro è se i partiti si pongono il problema ed fanno scelte al loro interno. So e mi rendo conto che questo
discorso può essere tacciato di maschilismo, però io sono solo elettore, vorrei
avere una scheda con un ventaglio di candidati da poter scegliere in base alle
mie aspettative, sulla base di valutazioni mie. E vorrei poter dare una
preferenza alla persona (uomo, donna, vecchio, giovane, negro, giallo) che
ritengo possa rappresentare meglio quello che io desidero. Con la facoltà di
cambiare voto la prossima volta. Questa roba qui la chiamo Democrazia.
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