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martedì 18 marzo 2014

Il mio amico Antonio, le fiabe, la politica, la mafia, il Salento

Lo spunto di raccontar fole (favole) me lo offre un articolo dell’amico Antonio Pezzuto su libera informazione, osservatorio per l’informazione e la legalità contro le mafie che fa capo all'associazione Libera. Antonio è attento, informato e per la seconda volta lancia un allarme. Come tutti noi è sconcertato nel leggere di politici corrotti. Corruttori, collusi. Falcone o Borsellino, non ricordo chi dei due, ma nel nostro immaginario sono un tutt'uno, disse “se non sconfiggiamo la mafia a Roma non la sconfiggeremo mai”.

Quanto di colluso, illegale, mafioso e mafiogeno esiste nella politica salentina?  La magistratura e gli inquirenti tutti navigano in pantani melmosi. Le voci si rincorrono, ma sono favole, fole, molti sanno, molti utilizzano i quattrini che arrivano ad ogni elezione, qualcuno ne parla fra amici, solo fra amici però, di fronte a chi indaga nessuno ricorda. “Non so se è un politico locale o nazionale. ‘Cce sacciu?”
Voci, solo voci ovviamente. Come quella dell’Enel che pochi anni fa vedeva saldati moltissimi sospesi dopo la tornata elettorale in una città “bella”. Favole, fole. Come quella delle Smart utilizzate in campagna elettorale e poi lasciate in dono agli autisti per il lavoro svolto. Solo voci, per carità, favole, fole, e chi ha uno straccio di prova? Voci anche i picchetti davanti ad alcuni seggi, personaggi con capelli corti corti, praticamente rasati,  con fare strafottente e “cipiglio fiero” (per dirla con il linguaggio di un ventennio passato) che controllano a vista gli elettori. Magari, chissà, segnano i nomi di chi è passato per votare. E poi siamo in periodo di crisi e di disaffezione dalla politica, si sa. Uno magari non va al seggio a fare il suo dovere (che è anche un diritto) di elettore. Però, accidenti, c’è il panettiere da pagare, dobbiamo pagare un obolo quotidiano al gratta e vinci, quei 50 euro che arrivano dentro la tessera elettorale possano servire. "E certo che vado davvero a votare, ci sono loro che controllano fuori dai seggi. Pensa che una volta mi hanno dato pure una scheda già votata, io l'ho cambiata con la mia bianca" dice l'eroe della nostra fiaba. E ci sono anche altre fole che girano, quella del politico che entrava in macelleria e diceva a voce dignitosamente alta “il conto alle signore lo pago io”.
Non fossero favole e fole uno va a finire che pensa a quale sia il confine labile fra comportamento mafiogeno e mafioso. Non fossero irreali uno pensa che per fare il lavoro sporco di passare banconote, controllare gli elettori davanti ai seggi e cose simili non siano sufficienti impiegati di concetto, ci vuole prestanza fisica e capacità intimidatoria, pardon di convincimento.

Voci e favole, come quelle che vedono bruciare un’auto al giorno, saltare una vetrina colpita da proiettili e sentono dire dai danneggiati “io? Mai nessuna intimidazione, per carità”. Certo, il colpevole, come in ogni fiaba che si rispetti, è il corruttore, l’intimidatore, lo sparatore. Però ci fosse qualcuno che racconta fiabe a chi indaga... chissà. Siamo nella società del qui ed ora, del “comanda il più forte” o siamo in una democrazia? A volte uno se lo chiede, anche nelle favole e nelle fiabe. Quale il confine fra mafiogeno e mafioso allora? Chi chiede al politico il favore personale è opportunista, il politico che fa favori personali, che pilota le assegnazioni di case popolari, come nella nota fiaba conosciuta da tutto il Salento, che accelera una concessione edilizia, per esempio, che fa togliere la multa per divieto di sosta è il colpevole, quello che non esiterà, come dicono Pezzuto e la Commissione Antimafia, a rivolgersi a chi controlla il territorio per ottenere lavoretti. In fondo sedere in Comune, Provincia, Parlamento, porta all'assuefazione, uno va a finire che non ne può più fare a meno. E dovrebbe essere reato di mafia anche la corruzione. Ancora chiediamo ai parlamentari come mai la raccolta di un milione di firme per la confisca dei beni ai corrotti non abbia avuto un iter parlamentare. Riproviamoci a fare quella domanda, magari il 21 marzo, la giornata del ricordo delle vittime di mafia. 
E non ci stupiamo se poi succedono queste cose. Le connivenze sono letali.

TARANTO - Un bimbo morto a soli tre anni. Era in auto accanto alla sua mamma, anche lei straziata da una pioggia di fuoco, forse mentre tentava per l’ultima volta di proteggere il suo piccolino. A pochi centimetri il cadavere del suo uomo. (Il Quotidiano del 18 marzo 2014)

Bimbo di tre anni massacrato e bruciato col nonno Choc in Calabria per la vendetta mafiosa
Cassano allo Ionio, uccisa anche la compagna dell’uomo.
L’agguato potrebbe essere legato al traffico di droga (La Stampa 20 gennaio 2014)

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