La casa sui confini del ricordo canta Guccini. Confini, barriere, travasi, travalicamenti.
Trovato un altro cadavere nei fondali a Lampedusa... Il mare nostrum, un grande
cimitero en plein air. Il confine e il finis terrae, da qui sul capo si vede
oltre, nitidi i monti d’Albania al di là del mare. Mi ricordano le Alpi come le
vedevo in Piemonte, contro sole. Anche là vedevo oltre. Come si vede quando il
tramonto acceca e come quando le vedevo stagliarsi nette, pulite contro il
rosso arancio là in fondo. Erano tramonti (a ovest, a ovest) erano sere che
stavano arrivando con la loro carica di parole non dette prima, erano
l’anticamera delle riflessioni e dei pensieri solo pensati fino ad allora. Poi la sera,
un bicchiere di vino e qualcosa da mangiare, le stelle nelle notti d’inverno,
quando il cielo è gelido e terso come non può essere in estate, senza foschia
quasi il congelamento lassù bloccasse quello spettacoloso nero pieno di punti
luminosi. “Come stai oggi?” e un sorso di barbera che scendeva come era sceso
il sole rosso arancio. “I bimbi hanno sonno” loro sapevano le stelle che
raccontavamo, loro sapevano che nonna Maria era diventata stella, perché hanno
diritto a credere che un’altra vita sia possibile, perché non possono, bimbi,
sapere che esiste il nulla dopo il troppo di questa vita. E come spiegare il
nulla? Il sole rotto da una nube sottile, lunga come un sigaro cubano. Il mare
e le Alpi, estremo nord, sud estremo, in mezzo un’Italia che arranca, annaspa,
non si scuote, galleggia, non si scuote, tenta di nuotare. Non si scuote! Leggevo di ragazzi che hanno violentato una
ragazza. Leggevo commenti di amici on line, i ragazzi, secondo i giornali erano
“di buona famiglia”. Cosa diamine sono le famiglie “buone”? E cosa sono le
famiglie “non buone”? Sembra quasi sia una
pacca sulla spalla ai ragazzi con famiglie “buone”. Bricconcelli, non fatelo
più! Se a violentare la ragazza, scrive un altro amico, fosse stato un
immigrato, quali commenti avrebbe fatto il giornalista? Nulla avrebbe potuto
dire sulla famiglia, perché non la conosce, non sa le sofferenze, non sa il
passato, non ha uno straccio di fedina penale da consultare. E se dentro le
famiglie “buone” ci fosse una storia di disprezzo verso le ragazze che, quando
si fanno violentare, ben sappiamo, “se la sono cercata”. Magari aveva la
minigonna, magari aveva ammiccato!
Alpi e mare nostrum, nord e sud si rincorrono nella testa
e nei pensieri. Maria, nonna Maria, che diventa una stella. Lei era di
famiglia “buona” avrebbero detto i giornalisti, in fondo aveva lavorato una
vita intera, aveva sopportato, supportato, accarezzato, sorriso, pianto,
cucinato, gestito un negozio. Ora è solo una banalissima stella. Ora è una
stella di una bellezza infinita. Peccato che i bimbi siano cresciuti troppo e
non credano più alle anime mutate in stelle. Questa vita e questa società spesso vogliono
ridurre il sogno a banalità. Bisogna aumentare il PIL e ridurre il debito
pubblico, diamine! Altro che sogni, contiamo gli immigrati ripescati dal fondo
del mare, facciamoci cullare dalle famiglie “buone”. Giochiamoci cinque euro al
gratta e vinci, magari diventiamo ricchi alla faccia degli immigrati, del mare
e delle stelle che guardano. Anche se sappiamo che non è possibile arricchirsi
così. No no, non parlo di Letta, neppure
di Cuperlo e Civati, non mi interessa, davanti al mare. Non mi riguarda quando penso
alle Alpi che spezzano l’orizzonte e distinguevo il Cervino e il Gran Sasso da
centinaia di chilometri di distanza. Come distinguo le montagne albanesi al di
là del mare. Giochi di guerra da qualche parte del mondo, non importa ci sono
le Alpi. Giochi di famiglie “buone” al di qua del mare. I confini del ricordo
tornano alla mente, come quelli della battigia bagnata da onde di un mare mai
fermo, mai immobile, mai silenzioso. Come quelle piccole nubi che passano
leggere, spinte, avvolte, sconvolte dal vento, coprono, poco però, il cielo,
sembra stiano lì a farsi i fatti loro. Leggo che in uno stato nordico (Svezia
forse?) hanno fatto dei simil skylift per biciclette, per aiutare i pedalatori
ad affrontare le salite più faticose, il ciclista appoggia il piede su un tapis
roulant e procede agilmente, poi esco ed affronto le simil piste ciclabili,
evitando pedoni che camminano, auto in sosta, signore che non sanno dove mettere i piedi, perché le sedicenti piste ciclabili sono marciapiedi con disegnate
biciclettine. Leggo e imparo. Meglio, molto meglio, stare a pensare a stelle,
nubi, mare e cielo. Meglio ascoltare il signore che si lamenta del governo e
della pensione e poi si beve un rabarbaro caldo, perché arriva l’inverno e ci si
scalda così, e poi è domenica, diamine. Lo beve giocando il re di denari a
scopone, seduto al tavolo del bar del paesino nel basso salento, di fianco al
castello che ora è B&B e l’intruso che arriva da fuori è osservato,
sezionato. “Buon giorno...”
Parlavo con un conoscente, insegna a Lecce, forte accento
veneto, gli dico “tu non sei di qui” “Perché, tu si?” è la laconica risposta,
abbiamo riso, in fondo si può.
Sul capo di Leuca vivono persone che parlano tedesco, altre
che parlano con accenti del nord, forse pensano alle Alpi che si vedono, lassù.
Chissà se sono venuti a vivere qui per vedere l’Albania, chissà se fra un pò qualcuno di loro salirà su un gommone che lo porti di là dal mare, emigrazione
forzosa in fuga da un’Italia che si sta disgregando, fatta di famiglie “buone” che allevano
figli che poi, bricconcelli, violentano una coetanea, e qualcuno pensa “ah se
fossero stati immigrati, che botta di culo avremmo avuto per tentare di
cacciarli e gridare “all’untore all’untore”. “Benedetta ragazza, scegli meglio
chi ti deve violentare un’altra volta! Mica siamo qui a smacchiare giaguari”.
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