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lunedì 24 giugno 2013

Il diavolo è buono!

Rita, quattro anni: “Il diavolo, se porta via i cattivi, deve essere buono” (Da Il grandevetro 104 mag/giu 2012)

E se avesse ragione Rita? La sua logica, in fondo, non fa una grinza, anzi!
Sappiamo che la filosofia e la teologia debbono essere interpretate, e sappiamo che colui che sa e conosce dirà: “non è proprio così”. Mah. In fondo alle cose di fede si deve credere “per fede” appunto. Come spiegare a Rita che Abele e Caino erano gli unici abitanti della terra, Caino ammazzò Abele e da lì nacque l’umanità? Certo, probabilmente Adamo ed Eva erano ancora arzilli ed hanno dato vita ad altri figli di altro genere, però si tratterebbe poi di un enorme incesto globale. Tuttavia occorre crederci… per fede. Come per fede dovremmo (il condizionale si impone) credere al creazionismo piuttosto che all’evoluzionismo. Chissà come spiegarlo a Rita.
E che il diavolo debba per forza essere buono è nelle cose. Dio non è bontà infinita? Allora come può punire? E il concetto di peccato come si è dilatato nel tempo? Quando mi confessavo da bambino si arrivava sempre alla domanda cruciale “commetti atti impuri?” Quali sono gli atti impuri? Ammazzare, stuprare, rubare, o che altro? Soprattutto cos’è puro?  Poi c’era il terrificante “non fornicare”. Mai capito cosa significasse, né nessuno si è mai dato pena di spiegare. La fede è fede, perbacco, se c’è scritto così, così deve essere.
“Il diavolo esiste” lo disse Paolo VI° una volta. Anche gli altri papi in realtà lasciano trapelare questa verità. E i cappellani che benedicono le armi? Apprendo che Papa Giovanni Paolo secondo, già in odore di santità da vivo, ora passa direttamente agli onori dei santi perché ha fatto il secondo miracolo. Epperbacco, ne avrei bisogno un paio.
E ancora, parliamone, “è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che per un ricco guadagnare il regno dei cieli”. A prescindere che si tratta di uno svarione che si protrae da secoli, la traduzione esatta non era cammello, piuttosto “canapo, grossa fune da ormeggio”, però per fede noi diamo per buono il cammello. Senza prescindere dal fatto che se parliamo di regno dobbiamo dire di Re, come nelle fiabe. Però i ricchi… che diciamo a Rita dello IOR? Che abbiamo scherzato? Mah!
E nel misticismo della prima comunione rimaneva comunque un piccolo, infinitesimale dubbio sul cannibalismo possibile “il corpo di Cristo”. Ma era tutta una metafora, perbacco!  Allora è metafora anche quella della costola e del fango. E lo è anche quella dei pani e dei pesci. Metafora sono i viaggi a volte, non i treni che portavano viaggiatori, dalle campagne al mare di Liguria, dalla città al paese, dal mare alle nevi in montagna. Dal binario 21 della stazione Centrale di Milano ad Auschwitz. Sempre treni erano… sono. Il diavolo è buono veramente quando si porta via i cattivi.    
La nostra vita è costellata di metafore, in fondo. Poesie e poemi, poeti e scrittori che scaricano valanghe di parole.  E poi, ci renderemo conto che “…Arriva il momento / Di bruciare tutto / Conservando le ceneri / Aspettando un altro tempo / Per trovare il luogo / Dove affidarle al vento…”[1]
Si girovaga in tondo a cercare luoghi per vivere, o solo per passarci momenti, si guarda in alto per vedere sculture di barocco appiccicate agli edifici o in basso per calpestare strade dalle quali sono passati gli antichi romani, oppure, più banalmente, ci si siede al
tavolino del Bar della Piazza, qualunque essa sia, a bere una birra ghiacciata in estate e ad ascoltare i discorsi dei vicini che dicono della partita e delle tasse. Ceneri che getteremo (un giorno) dentro qualche brezza che le spargerà ovunque rendendoci infiniti ed eterni.



[1] Vito Antonio Conte – Mai più secondo – Pensa Editore

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