Rita, quattro anni: “Il diavolo, se porta via i cattivi,
deve essere buono” (Da Il grandevetro
104 mag/giu 2012)
E se avesse ragione Rita? La sua
logica, in fondo, non fa una grinza, anzi!
Sappiamo che la filosofia e la
teologia debbono essere interpretate, e sappiamo che colui che sa e conosce
dirà: “non è proprio così”. Mah. In fondo alle cose di fede si deve credere
“per fede” appunto. Come spiegare a Rita che Abele e Caino erano gli unici
abitanti della terra, Caino ammazzò Abele e da lì nacque l’umanità? Certo,
probabilmente Adamo ed Eva erano ancora arzilli ed hanno dato vita ad altri
figli di altro genere, però si tratterebbe poi di un enorme incesto globale. Tuttavia
occorre crederci… per fede. Come per fede dovremmo (il condizionale si impone)
credere al creazionismo piuttosto che all’evoluzionismo. Chissà come spiegarlo
a Rita.
E che il diavolo debba per forza
essere buono è nelle cose. Dio non è bontà infinita? Allora come può punire? E
il concetto di peccato come si è dilatato nel tempo? Quando mi confessavo da
bambino si arrivava sempre alla domanda cruciale “commetti atti impuri?” Quali
sono gli atti impuri? Ammazzare, stuprare, rubare, o che altro? Soprattutto
cos’è puro? Poi c’era il terrificante
“non fornicare”. Mai capito cosa significasse, né nessuno si è mai dato pena di
spiegare. La fede è fede, perbacco, se c’è scritto così, così deve essere.
“Il diavolo esiste” lo disse
Paolo VI° una volta. Anche gli altri papi in realtà lasciano trapelare questa
verità. E i cappellani che benedicono le armi? Apprendo che Papa Giovanni Paolo
secondo, già in odore di santità da vivo, ora passa direttamente agli onori dei
santi perché ha fatto il secondo miracolo. Epperbacco, ne avrei bisogno un
paio.
E ancora, parliamone, “è più
facile che un cammello passi per la cruna di un ago che per un ricco guadagnare
il regno dei cieli”. A prescindere che si tratta di uno svarione che si protrae
da secoli, la traduzione esatta non era cammello, piuttosto “canapo, grossa
fune da ormeggio”, però per fede noi diamo per buono il cammello. Senza
prescindere dal fatto che se parliamo di regno dobbiamo dire di Re, come nelle
fiabe. Però i ricchi… che diciamo a Rita dello IOR? Che abbiamo scherzato? Mah!
E nel misticismo della prima
comunione rimaneva comunque un piccolo, infinitesimale dubbio sul cannibalismo
possibile “il corpo di Cristo”. Ma era tutta una metafora, perbacco! Allora è metafora anche quella della costola
e del fango. E lo è anche quella dei pani e dei pesci. Metafora sono i viaggi a
volte, non i treni che portavano viaggiatori, dalle campagne al mare di
Liguria, dalla città al paese, dal mare alle nevi in montagna. Dal binario 21
della stazione Centrale di Milano ad Auschwitz. Sempre treni erano… sono. Il
diavolo è buono veramente quando si porta via i cattivi.
La nostra vita è costellata di
metafore, in fondo. Poesie e poemi, poeti e scrittori che scaricano valanghe di
parole. E poi, ci renderemo conto che “…Arriva il momento / Di bruciare tutto /
Conservando le ceneri / Aspettando un altro tempo / Per trovare il luogo / Dove
affidarle al vento…”[1]
Si girovaga in tondo a cercare
luoghi per vivere, o solo per passarci momenti, si guarda in alto per vedere
sculture di barocco appiccicate agli edifici o in basso per calpestare strade
dalle quali sono passati gli antichi romani, oppure, più banalmente, ci si
siede al
tavolino del Bar della Piazza,
qualunque essa sia, a bere una birra ghiacciata in estate e ad ascoltare i
discorsi dei vicini che dicono della partita e delle tasse. Ceneri che
getteremo (un giorno) dentro qualche brezza che le spargerà ovunque rendendoci
infiniti ed eterni.
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