L'INCHIESTA - "Torna l'aborto
clandestino"
Oltre l'80% dei ginecologi è obiettore di coscienza e le donne respinte dalle istituzioni tornano al segreto: così dopo 35 anni muore la legge 194. Leggi qui http://bit.ly/18aHk6l
Oltre l'80% dei ginecologi è obiettore di coscienza e le donne respinte dalle istituzioni tornano al segreto: così dopo 35 anni muore la legge 194. Leggi qui http://bit.ly/18aHk6l
Strambo paese veramente il nostro, mentre le onorevoli
deputate Silvana Amati del PD e Fucsia Nissoli di Scelta civica si stracciano
le vesti e inondano il parlamento di interrogazioni sulla sciagura della RAI
che non trasmetterà più Miss Italia, mentre i cinquestellati dibattono da due
mesi su come spendere le loro paghette, i cittadini comuni, gli umani, si
contorcono nelle contraddizioni che una classe politica "bizzarra" ha procurato
loro negli anni. A questo aggiungiamo i pruriti dello stato Vaticano che si
scaglia contro il controllo delle nascite in ogni sua forma e lo stucchevole
comportamento di alcuni legislatori che si inchinano al volere della Chiesa e
contemporaneamente a quello di un individuo sotto processo per prostituzione
minorile. Un mix indecente veramente per un paese sedicente civile.
Come negli anni ’70 del secolo passato, quando piccoli
gruppi di femministe organizzavano viaggi in Inghilterra per consentire alle
donne che volevano abortire di farlo con un minimo di dignità, con assistenza
medica, e per sottrarle a medici (poi obiettori) che lo facevano clandestinamente
facendosi pagare in nero o a mammane che utilizzavano strumenti primordiali,
mettendo in pericolo serio la vita delle donne stesse, oggi si emigra (chi può)
ad abortire in Svizzera, Francia e Inghilterra, dove la medicina e la politica
consentono la libera scelta delle donne e non ci sono pruriti integralisti. Per il resto è clandestinità italica.
Per il resto sono medici (probabilmente obiettori nelle strutture pubbliche) a
guadagnare in cliniche private. E’ sempre successo, perché non dovrebbe
succedere ora?
La legge 194 fu una vittoria contro il perbenismo di chi
voleva solo ed esclusivamente chiudere gli occhi su un fenomeno dilagante,
contro l’ipocrisia di chi diceva che l’aborto doveva rimanere reato anche se
era talmente diffuso da mettere in pericolo migliaia di vite umane. Ora è
praticamente annullata la possibilità di farlo, i dati parlano di 15/20.000
aborti clandestini delle sole donne italiane, aggiungendo le immigrate si
potrebbe arrivare a 30/40.000 annui. A questo porta l’obiezione dei ginecologi
italici, parliamo del 91,3% in Lazio, del 70,3% a livello nazionale. Una legge
nei fatti annullata dalla possibilità di scelta del medico e delle strutture
pubbliche che avrebbero il dovere di garantire a chi lo vuole la presenza
quanto meno paritetica al loro interno. La politica però non la pensa in questo
modo, una legge può essere elusa tranquillamente. La libertà di coscienza, in
questo caso, è un fattore unilaterale, che non consente altrettanta libertà alla
donna che già vive un dramma e un trauma, in più si deve sentire in colpa
perché viola un principio che per qualcuno chiama etico. Da qui a far sentire la donna
un essere inferiore e poco dignitoso il passo è brevissimo.
Lo Stato, nella sua vis clericale più spinta, ha nel tempo
negato ogni possibilità di informazione sulla contraccezione e sul modo di
evitare un tristo calvario. Neppure per combattere l’AIDS la chiesa ammette
l’utilizzo del preservativo, figurarsi per la contraccezione, il problema si
pone quando questi voleri si trasferiscono tout court nella politica, il legislatore,
l’uomo pubblico, l’amministratore, si trasformano da persone al servizio dei
cittadini tutti, a persone al servizio di una sola parte degli amministrati,
quella ligia al volere della religione che, ricordiamo, da tempo non è più “di
Stato”.
Eggià, donne e uomini al servizio dei cittadini, proprio
come Fucsia Nissoli e Silvana Amati. Ridateci miss Italia in TV per favore,
all’aborto clandestino penseremo poi, con calma, mica c’è fretta.
n.b. i dati citati sono presi dalla citata inchiesta L’Espresso
Repubblica.
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