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mercoledì 14 dicembre 2011

Amadou, il senegalese




Questo 13 dicembre 2011, è trascorso pensando all’estrema difficoltà di parlare di Papa Ngady Faye, noto ai leccesi come Amadou, e del libro che ha scritto a quattro mani con sua moglie, Antonella Colletta. È difficile perché mentre io e il senegalese Amadou parlavamo con leggerezza, a Firenze, un criminale che amava frequentare Casa Pound, ha ammazzato a freddo due suoi connazionali e ne ha feriti tre. È difficile perché oggi abbiamo un debito in più verso tutti gli immigrati,  perché il paese che dovrebbe essere dell’accoglienza cova, grazie a movimenti separatisti, secessionisti o fascisti, il seme del razzismo e della xenofobia che armano la mano a folli criminali.
Tuttavia ne parlerò, perché il libro di Amadou merita di essere letto, oggi ancora di più di quando ho incontrato l’autore. Capire i percorsi di chi ci sta accanto serve a comprenderne forze e debolezze, virtù e vizi. Serve, in poche parole, ad aiutarci a convivere, ad emozionarci, a renderci conto che i confini sono solo linee tracciate artificialmente. Parlando del suo integrarsi in Italia, Amadou mi ha detto:“Il bimbo che ha le mani pulite può mangiare in ogni piatto”, che è un proverbio del suo paese.   
“Se Dio Vuole” è il titolo del libro di agile lettura, in Senegal si dice Inshallah, è la sua storia, Papa Ngady Faye, che in Italia prende il nome di suo padre, lui che porta “lo sguardo ed il sorriso di sua madre Ramatoulaye, che vuol dire Misericordia”, come dice la quarta di copertina, in Senegal, a Dakar, era capo cantiere «Guadagnavo anche cinque euro al giorno» mi dice, poi la decisione di emigrare. I suoi genitori erano sindacalisti. Quando smise di lavorare, sua madre si dedicò ad insegnare alle donne a gestire imprese familiari.
Il racconto è scandito da giri di tè, piuttosto che da capitoli. «Perché noi in Senegal, ed io ora qui in Italia, beviamo il tè come un rito che può durare ore. Lo faccio io, scaldo l’acqua, poi la verso nel bicchiere, poi la travaso in un altro e ancora e ancora, più volte, poi lo riscaldo nuovamente e lo bevo con mia moglie parlando» “Dio Lo vuole” sono le parole scambiate fra lui e Antonella bevendo tè, storie che si intrecciano, si dipanano nelle serate in casa.
Racconta suo padre, sindacalista, uomo rigido e fiero, con le sue quattro mogli, lo chiama il Leone per il suo incedere e per la sua forza morale ed etica. Poi dice di sua madre, donna che “di mio padre era amica”, nel senso più alto del termine. C’è sua moglie, la senegalese che gli ha dato due figlie e che è poi morta per malattia dopo cinque mesi che lui era in Italia. Ci sono le sue figlie senegalesi che vivono con la sorella e  c’è il piccolo avuto con Antonella.
Il viaggio con un visto francese che sarebbe scaduto dopo pochi mesi e la sua caparbia volontà di farcela. «Vendo libri da quando sono in Italia, ora ho messo in piedi una scuola privata a Dakar».
«I primi tempi qui in Italia come sono stati?»
«Quando sono arrivato sono andato a Bergamo, non trovavo lavoro e decisi di andare in Spagna. Una notte ho sognato un amico che mi ha detto di rimanere in Italia. Il giorno dopo ho cercato il fratello di questo amico arrivato in sogno, l’ho raggiunto a Milano e mi ha fatto conoscere ragazzi senegalesi, ho iniziato così a vendere libri. In estate sono arrivato a Lecce perché Milano si svuota».
«Perché sei emigrato se avevi un lavoro?»
«L’azienda per la quale lavoravo ha poi chiuso. Però volevo dimostrare a me e a mio padre che potevo farcela, che il coraggio non mi mancava. Chi era emigrato prima di me mandava soldi alla famiglia, riusciva ad acquistare una casa, a mantenere i figli. Il Senegal ha necessità di avere emigranti che mandino soldi».
Già, anche l’Italia è entrata nel primo mondo grazie alle rimesse degli emigranti, peccato che ce ne scordiamo troppo spesso.
«Scrivendo di tuo padre parli dello stadio, cosa è successo?»
«Io ero alla ricerca di Dio, c’è scritto nel libro, avevo praticamente solo quello scopo, però mi piaceva il calcio, mio padre mi mandò a vedere una finale dicendomi che avrei dovuto contare gli spettatori se volevo guadagnarmi quel privilegio.» Amadou è orgoglioso e non vuole tornare senza risultati, così non vede la partita e non riesce a contare gli spettatori sugli spalti, al ritorno il padre gli dice «Non sai contare, era uno solo lo spettatore, era la folla».
«Com’è andata in Italia i primi tempi?»  
«Le prime volte che dicevano un no secco alla merce che offrivo volevo lasciare, però ho inziato a contare le persone come allo stadio, eravamo tutti una sola persona, questo mi ha dato la forza di proseguire».
«Integrarti in Italia, è stato facile? Gli italiani lo sanno che il bimbo con le mani pulite può mangiare in ogni piatto?»
«Vedi, io mi trovo bene, rispetto e sono rispettato, non mi piace la parola integrato. Che significa integrarsi? Siamo esseri umani. Rispettiamoci».
«Sposando un’italiana hai ottenuto la cittadinanza, ovviamente».
«Non l’ho mai richiesta, perchè non mi sono sposato per questo, io sono regolare, il mio lavoro di venditore di libri è in regola, non voglio passare per chi si sposa per la cittadinanza, io l’ho fatto perché fra me e Antonella c’è un rapporto serio, bello. Sto bene con lei perché ci vogliamo bene. Io voglio bene a tutti, contare le persone sugli spalti è anche questo. Se la chiederò mai? Chissà, forse, al momento non è questo che mi interessa».
«I tuoi compaesani lavorano tutti, qui in Italia?»
«Non frequento molti senegalesi, però siamo molto orgogliosi. Vedi? Non è facile vendere accendini per strada, però chi è arrivato prima ti aiuta e ti spinge a proseguire. Piccole vendite ti consentono di pagare l’affitto e di mandare soldi alla tua famiglia in Senegal. Sperando in un futuro migliore. Quale? Quello che Dio mi offrirà, io posso guidare il presente, Inshallah per il futuro. A Dio piacendo».
«Qual è il tuo destino? Quello che immagini intendo, non quello nelle mani di Dio»
«Mi piacerebbe arrivare ad avere qualcosa che mi apra orecchie ed occhi per capire “les equations” da risolvere in ogni momento della vita».
«Mi farai conoscere il Senegal quando andrò a visitarlo, Amadou?»
«Inshallah».
 Papa Ngady Fayde, Antonella Colletta:  Se Dio Vuole – Giovane Grafica Edizioni – 62 pp. € 8,00

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