Leggo un articolo dell’amico Mauro Marino, una delle persone
più belle che ho conosciuto in questi 15 anni girovagando per Lecce, nel pezzo,
duro, lieve, emozionante, sognante, Mauro parla della mancanza di “gentilezza”
nella politica. Tutto pare essersi ridotto ad una guerra per bande, con
insulti, accuse. Una guerra di tutti contro tutti. Quasi fosse indispensabile
non saper più dialogare, non essere in grado di sedersi ad un tavolo e parlare
con serenità, quasi non ci fossero altre strade. Eppure deve esistere il luogo
del dialogo, dove si possa tornare a dire con gentilezza, con il rispetto che
ognuno deve ad ogni altra persona. In
particolare mi ha colpito, nel discorso di Mauro, il pezzo che ripropongo:
…Tempo fa, su Radio
Tre, ho ascoltato una "lezione di musica" sul compositore ungherese
Béla Bartòk, uno dei più appassionati - fu senz'altro un pioniere
dell'etnomusicologia - nel declinare l'ascolto delle arie popolari della
dell'Europa Orientale e del Medio Oriente nella musica "colta".
Il conduttore del
programma sottolineava come, in ambito musicale (almeno in quell'epoca) fosse
necessario, tra i grandi compositori, prestare orecchio al fare dell'altro. La
musica poteva avere evoluzione solo se la ricerca personale poteva nutrirsi del
lavoro degli altri. Uno componeva e con la sua opera comunicava all'altro:
“senti dove sono arrivato, dove mi son spinto”, l'altro, confortato, nutriva la
sua sensibilità, così si procedeva nel progredire comune. In un'altra lezione
di musica si è parlato della "Sagra della Primavera" di Igor
Stravinskij, il conduttore a sostegno della tesi del “reciproco ascolto” ha
osato mandando un brano dell'opera di Stravinskij all'unisono con un altro di
un compositore suo contemporaneo: l'ascolto è risultato perfetto, integrato,
meraviglioso. Non poteva esserci risentimento in quel procedere creativo. Solo
passione e condivisione della ricerca. Reciprocità! Lo sappiamo, la musica è
cosa speciale, la coralità è insita nella disciplina, non potrebbe esserci
musica senza reciprocità, senza accordo, senza capacità di ascolto e di
relazione, nel rispetto dei tempi, nell'obbedienza allo spartito e alle
indicazioni del direttore. Così come nel cinema, nel teatro ognuno è chiamato
al suo compito, a far bene ciò che è chiamato a fare. Competenze in armonia, di
questo avremo bisogno, anche nella politica, reciproco ascolto, capacità di
compensazione e di composizione corale. Ma lo so, è utopia.
Mauro si riferiva alla vita politica nazionale, a quei
politici che usano i muscoli anziché, ahinoi, il cervello e il dialogo, a me,
dicendo di gentilezza e di umile capacità di ascolto è venuta in mente la situazione politica
locale. Le amministrative sono alle porte, probabilmente fra pochissime settimane
saranno rese note liste, candidati, fazioni, ci saranno alleanze e si tornerà a
chiedere il voto per proseguire un’esperienza di governo cittadino che, pur con
chiaroscuri, ha mostrato in un anno e poco più, di saper essere innovativo e di
“aprire le finestre e le porte di Palazzo Carafa” dopo decenni di asfissia con
una coda di scandali e scandaletti che pare non saper finire.
L’esperienza tuttavia è durata un tempo troppo breve, anche
per alleanze decisamente forzose da un punto di vista politico, dove per
“politico” si intende il modo di immaginare il futuro della città nel suo
complesso, facendo scelte che si ritengono etiche, filosofiche oltre che
amministrative. Ogni progetto amministrativo, anche ordinario, deve avere ampio
respiro perché deve proiettarsi verso la città del futuro, deve saper prevedere
e deve avere un progetto complessivo.
Questo discorso vale per la viabilità, per la cultura, per
la gestione dei flussi turistici.
I turisti non sono solo portatori di quattrini, sono prima
di tutto persone che devono trovare una città vivibile, nel pieno rispetto
degli aspetti culturali, artistici, di accoglienza. Una gestione di questo tipo
necessita di una maggioranza coesa, in grado di portare avanti scelte anche
coraggiose, anche impopolari nel breve periodo, ma che portino al risultato
voluto. Occorre, in sostanza, una buonissima dote di ascolto, rinuncia quando
occorre, e determinatezza. Le doti del buon amministratore stanno proprio in
queste caratteristiche.
A questo punto è bene chiedersi quanto alcune diatribe molto
interne a pochi militanti, invisibili però agli elettori possano contribuire a
creare alleanze diverse, ibride, forzose.
Nella scorsa tornata elettorale è stato difficile scegliere
di non poter votare o sostenere amici, compagni che meritano stima e
rispetto, lo scoramento di molti elettori
era palpabile e diffuso.
In questa tornata elettorale sarebbe bello ritrovare un
obbiettivo unificante, vedere collaborare per un progetto comune e condiviso
candidati che hanno intelligenze da mettere a disposizione per il bene
collettivo. In sostanza, sarebbe bello vedere abbandonare preconcetti e pregiudizi, fare
opera di umiltà rinunciando a diatribe delle quali l’elettore non comprende il
senso, perché non sa o non vuole sapere, perché chiede che ci siano persone
affidabili a rappresentarlo, e se stanno assieme si sentirebbe più garantito.
Provarci è possibile, anzi, è indispensabile. Chissà se
riusciamo a dimostrare al mio amico Mauro che non tutto è utopia.
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