Solitamente non riporto articoli di altri giornali se non per citazioni, questo de Il Gallo lo copio e incollo integralmente perchè importantissimo per la storia e la memoria. Amministratori arrembanti, a volte collusi, hanno consentito che si facesse scempio del territorio appoggiando neppure velatamente "imprenditori" del malaffare. Riecheggiano nella memoria le frasi del criminale che, scoperto ad interrare tossico nocivi nei pressi di una scuola materna, al telefono diceva "i bambini? che muoiano". Occorre riprendersi la capacità di indignarci tutti quanti con gli strumenti che abbiamo, con il voto in primis, con il controllo diretto sulle amministrazioni, evitando di dire "non nel mio giardino", perchè un danno fatto a Ugento è irreversibile per l'ambiente tutto. Un grazie sentito a Valeria Mignone per il suo impegno e per la testardaggine che le permette di parlare a viso aperto nonostante i muri di gomma sui quali vorrebbero farla rimbalzare. Ben sappiamo che quando un'indagine incontra la politica spesso tende ad impantanarsi, sappiamo come le collusioni fra malaffare e politica locale (e non solo) siano pregnanti, inquietanti.
L'articolo de Il Gallo
Avete permesso che avvelenassero indisturbati mezzo Salento”
Grazie
alla trascrizione integrale di Salute Salento riportiamo gli stralci più
importanti dell’appassionato intervento del sostituto procuratore della
Repubblica, Elsa Valeria Mignone che presso il
Polo didattico della Asl, alla presenza dei sindaci, ha illustrato la
situazione del Salento vittima di “operatori spregiudicati”,
che hanno potuto operare indisturbati per la “disattenzione e la complicità di
alcuni amministratori che avrebbero dovuto controllare”.
“Sono
contenta”, ha detto il Magistrato, “che quello che per lungo tempo è stato
un allarme isolato della Procura della Repubblica e di pochi medici attenti a
quello che avveniva sul territorio sia ormai condiviso. Ma vi dico anche oggi
non c’è niente di immutato rispetto a quello che esisteva 20
anni fa.
Mi sembra assurdo che oggi ci sia questo allarme diffuso perché il mio indagato
principale da 20 anni (Gianluigi Rosafio)
ci viene a dire che nella discarica di Burgesi sono stati scaricati 600 fusti. Io
vi invito ad essere attenti”, ha detto rivolgendosi in
particolar modo agli amministratori, “a prestare al territorio
quell’attenzione che non è stata prestata per 25 anni.
Scusate se ribadisco questo concetto: quello che c’è nella discarica Burgesi è
noto da 25 anni. Da 25 anni la magistratura che in questo caso ancora una
volta, consentitemi, ha esercitato un ruolo di supplenza rispetto a quello che
doveva essere un ordinario controllo, ha accertato che quella discarica non
veniva ben coltivata.
Le discariche non ben coltivate è difficile poi che siano sanate. Uso questo
termine, come un organismo. Un organismo che venga trattato male, che non venga
curato nel corso della vita, in vecchiaia decade in maniera piuttosto rapida ed
è difficile che possa in qualche modo essere sanato. Una discarica non
coltivata bene è una discarica che continuerà a produrre danni all’infinito. E
mi sembra strano che proprio nel momento in cui dovevano essere pagati dei
costi per la caratterizzazione del rifiuto e per la bonifica di una discarica
mal coltivata il problema passi sulla collettività. Mi sembra strano che vi siano degli
introiti per gli imprenditori che hanno sfruttato le discariche per 20 – 25 –
30 anni e al momento in cui devono pagare una parte dei costi, questi passino
sulla collettività. Scusate, ma non c’è un contratto per la discarica? Qual è
il contratto? Il Comune di Ugento ha stilato un contratto? Sono problemi che la
magistratura non sa come gestire. Può fotografare lo stato di quella discarica
ormai abbandonata da 20 anni dove ci sono presenza di ceneri
radioattive, di ceneri importanti, ma non può imporre le bonifiche. Nel momento
in cui doveva essere bonificata è subentrato un contratto rispetto a quello
precedente e la bonifica è passata in carico alla collettività. Anzitutto io vorrei capire
questo arcano.
Com’è che i profitti siano delle imprese che gestiscono la discarica e i costi
gravano sulla collettività?”.
“Disattenzione quando non complicità…”
Valeria Mignone non le manda certo a dire: “Sulla
discarica di Burgesi l’imprenditore, a 30 anni di distanza dell’accertamento
dei fatti, dice che sono sepolti 600 fusti contenenti Pcb.Questa è una questione generalizzata
come è generalizzata la frequenza sul
nostro territorio di discariche che non sono state monitorate. La Procura lanciava il suo grido
d’allarme per le ordinanze contingibili e urgenti degli anni ’90, grido
di allarme rimasto inascoltato”, chiaro al riferimento ai primi
cittadini del territorio, “ed ora in che cosa si è trasformato?
In una minaccia seria per il territorio. Perché non c’è solo la Burgesi. Non
dimenticate le discariche sotterrate sulla strada statale 275. Non è che la
Burgesi produce il cancro e le altre non ne producano. Soprattutto perché
abbiamo dimostrato che in quelle discariche non ci sono rifiuti assimilabili
agli urbani, ma rifiuti speciali provenienti dalle
industrie calzaturiere.
Abbiamo le etichette delle industrie. Le discariche tombate che continuano a
lavorare. Ci
stiamo tanto focalizzando sulla Burgesi, ma il
nostro territorio siede su una serie di discariche sotterranee. Il fatto che siano state scoperte
queste sulla 275 è solo perché sono andata a controllare il percorso della 275.
Quindi c’è stato un controllo penetrante e abbiamo scoperto che c’erano
queste discariche sotterrate . Ma questo non vuol dire che siano le uniche. Perché?
Perché c’è stata disattenzione. Quando non diciamo una
complicità.
Perché ciascun amministratore, deve sapere
che cosa c’è sul suo territorio. Ci sono stati fondi europei per la bonifica delle
discariche. Ma le nostre non sono state neanche denunciate. Finalmente ci
accorgiamo di non avere avuto per 30 anni attenzione sul territorio”.
Sotto la 275 “collanti,
vernici… c’è di tutto!”
Poi il
monito agli amministratori: “Ogni sindaco deve sapere che fine
hanno fatto quelle discariche che per anni sono state mantenute in piedi con
ordinanze contigibili e urgenti. È necessario un vero e proprio lavoro di
emersione per questi fenomeni… sotterrati. Quando gli operai lavoravano nel
fotovoltaico su una delle discariche che era sulla 275 (l’unica
che è stata messa in sicurezza perché l’impresa del fotovoltaico ha un
interesse a sfruttare l’area e quindi a metterla in sicurezza)”, ha
raccontato, “pensavano
che sotto ci fosse l’inferno. Perché mentre lavoravano usciva il calore dei
rifiuti che producono gas, biogas, con il percolato che scende nella falda. E
che percolato è? Non
di rifiuti solidi urbani o assimilabili, ma di collanti,
vernici… c’è di tutto!”.
Conflittualità fra eccessivo profitto dell’impresa e
tutela dell’ambiente
Poi il
Magistrato ha puntato il dito su “quella zona rossa (un’area
compresa tra Galatina e Maglie) dove
dovrebbe essere la ricaduta famosissima, forse anche dell’Ilva e quant’altro”.
E utilizzando l’esempio dell’Ilva di Taranto chiarisce il suo pensiero
totalmente condivisibile: “La contrapposizione non è fra posti di
lavoro e tutela della salute, ma fra eccessivo profitto degli imprenditori e
salute: l’eccessivo arricchimento dei Riva ha
prodotto il cancro. Dare posti di lavoro non significa che gli operai devono
ammalarsi perché non vengono adeguati gli impianti, perché non c’è
prevenzione, anche interna dell’azienda. Quello che voglio dire è che l’impresa
non spende nella prevenzione degli infortuni sul lavoro, non spende per
garantire una migliore qualità dell’aria, per garantire che quelle misure
legislativamente previste a protezione dell’ambiente siano adottate”.
Quindi “la
conflittualità è fra eccessivo profitto dell’impresa e tutela dell’ambiente”.
“Cementifici,
calcifici e quant’altro privi delle strumentazioni per la misurazione delle
emissioni”
La
Mignone ha fotografato l’attuale situazione del Salento: “Ho cercato di valutare le emissioni
sul territorio e ho chiesto alla sezione di Pg della Forestale di farmi fare un
monitoraggio degli insediamenti produttivi. Ce ne sono una miriade. Il nostro
inquinamento non è tanto quello di grossi impianti, ma di una
serie di piccoli impianti sparsi sul territorio. Un esempio: le centrali a
biomasse, i sindaci dicono sì, ben vengano. Bene, tutte le centrali a biomasse
che hanno formato oggetto di indagine della Procura con consulenza, vanno a
digestato (sottoprodotto di rifiuti pericolosi e speciali, Ndr),
cioè bruciano rifiuti. Quelle centrali a biomasse che vi mettete sul
territorio, cari sindaci, sono insediamenti produttivi che però sono andati in
Scia e in valutazione di impatto ambientale. Chi controlla? È possibile che il
controllo sia riservato solo alla Magistratura? Ogni cosa che interviene sul
vostro territorio deve essere monitorata. E
che cosa sono andata ad individuare in insediamenti tipo cementifici,
calcifici e
quant’altro? Che nessuno di questi ha le strumentazioni
per la misurazione delle emissioni. Addirittura non hanno nemmeno le scale
che consentano di accedere alla misurazione…”.
Il
Magistrato ha richiamato ancora i sindaci a controllare: “Mi pare di poter dire che la
gente nel Salento muore di cancro ma come facciamo a capire perché se le
fonti del male non sono censite? Se non sappiamo cosa succede sul nostro
territorio?”.
“I trasformatori dell’Enel dismessi venivano portati ad Ugento”
La
Mignone è tornata sulla questione Burgesi, “per fare chiarezza una volta per
tutte: esce fuori questo inquinatore e dice quello che era stato già accertato
non solo nel 2000 sulla discarica Burgesi, ma nel corso di tutti questi anni.
Sappiamo da tempo che nella Monteco c’è il Pcb. A poco interessa sapere se sia
quel Pcb che abbiamo trovato proveniente dai fusti o sia invece proveniente dal
materiale particellare solido che in quella discarica scaricarono con un documento
falso di un chimico che
aveva attestato trattarsi di rifiuto solido urbano. Quindi formalmente e non in
maniera occultata la discarica si è preso tutto il rifiuto particellare solido,
tutti i rifiuti della filtrazione della Sea Marconi, un’azienda che aveva il brevetto
per la de-alogenazione dei trasformatori dell’Enel. Questo vuol dire che tutti
i trasformatori dell’Enel che altro non sono che rifiuto, venivano portati ad
Ugento, ripuliti con questo processo di de-alogenazione e reimmessi. Però la
Regione, all’epoca, decise che quello era un impianto di trattamento di
rifiuti (un trasformatore di cui l’Enel si disfaceva, e
secondo la direttiva europea è un rifiuto). Quindi non si è voluto sapere cosa
che cosa fece la Sea Marconi, fino a quando gli imprenditori soccombenti
rispetto al monopolio di questo imprenditore cardine, non ci hanno detto:
guardate che tutti i territori da
Acquarica, Ugento e Presicce, sono impregnati di rifiuti di quei processi di de- alogenazione.
Qual è la novità? Quindi abbiamo la prima sentenza del 2000. I rifiuti stavano
nelle zone di Acquarica, Ugento, Presicce, nella discarica abbandonata di
Burgesi e nella Monteco. Le imputazioni sono andate per la maggior parte
prescritte; all’epoca queste erano contravvenzioni e per fare un processo di
questo genere, con fior fiori di avvocati, ci abbiamo messo 4 anni di perizie e
controperizie. Però sono stati condannati per il danneggiamento che hanno
procurato a quei terreni che sono stati bonificati, almeno per tutto ciò che
era all’esterno della discarica Burgesi”.
E
perché non intervenire sulla discarica? “Perché significava andare ad operare
sull’unica discarica all’interno della quale venivano trattati i rifiuti.
Quindi era una discarica attiva; era la discarica al servizio di molti Comuni e
chiuderla…”.
Tornando
su “gola profonda-Rosafio” la Mignone ci è andata ancora giù pesante: “A
proposito di questo imprenditore che oggi dice che nella Burgesi ci sono i
rifiuti: effettuava attività di trasporto, intermediazione e smaltimento di
rifiuti prodotti dall’impianto di Sea Marconi residuati dalla reazione di
de alogenazione di materiale contenente Pcb, costituito da granulato. Prodotti
della chimica fine e prodotti chimici non precisati altrimenti. In particolare
materiale di infiltrazione contaminati da composti organici alogenati…”.
Ma nella discarica di Burgesi c’è dell’altro, “come
confermano le indagini nei confronti di quell’imprenditore che ha
inquinato il Salento e che oggi è ritenuto attendibile e viene a parlarci di
reati ormai prescritti. All’improvviso i Sindaci che, attenzione, a
questo signore hanno continuato a dare appalti, nonostante fosse oggetto di indagini
della Magistratura, hanno consentito di continuare a smaltire rifiuti anche
attraverso altre imprese, l’ultima delle quali la
Lombardi Ecologica,
che operava nelle discariche con gli uomini e con i mezzi dell’imprenditore che
inquinava, nei cui confronti, nel frattempo, c’era una misura interdittiva
antimafia!”.
“Se
le amministrazioni non sono state sensibili a tutto questo”,
continua nel suo j-accuse, “oggi non possiamo allarmarci perché
abbiamo scoperto che nella discarica Burgesi c’è il Pcb. E nella Monteco di
Ugento non ci troviamo solo Pcb. Il fatto che oggi il reato sia prescritto nei
confronti di questo imprenditore-inquinatore non vuol dire che i reati non ci
siano. Perché la Cassazione dice che il reato c’era e che in quei luoghi sono
stati trattati rifiuti di tutti i tipi. Scarichi di rifiuti liquidi in aperta
campagna e strade di pubblico transito, con smaltimento degli stessi
all’interno della discarica Monteco di Ugento non autorizzata alla ricezione di
rifiuti liquidi… effettuando prelievo dei reflui, talvolta pericolosi, da
aggregamenti produttivi con successivo scarico degli stessi nella Monteco di
Ugento: Mi chiedo dove fossero gli enti territoriali, dove fossero gli organi
di controllo quando queste sentenze conclamavano questa realtà”.
“Costringiamo l’impresa a bonificare”
Poi il
Magistrato si è rivolto ai sindaci per nulla tenera: “Oggi mi gridate al lupo, al lupo:
non potete… è una morte annunciata quella del popolo salentino per la
disattenzione del territorio. E allora non mi serve oggi andare a
scavare nella discarica alla ricerca dei fusti. Ma
che mi interessa? Mi interessa sapere come deve essere bonificata. Mi interessa
quello che deve essere fatto dall’impresa. La caratterizzazione del rifiuto e
la bonifica è ricompresa per legge. Costi quel che costi. Perché sono
loro che hanno inquinatoe questo non può gravare sulla collettività. È inutile
allarmarsi, sono 30 anni che c’è questa situazione. E non succede solo a
Burgesi, succede su tutto il territorio”.
Altra
sferzata ai sindaci: “Le amministrazioni si sveglino, non
può essere un compito delegato solo alla magistratura e alla Asl. La politica
deve fare la sua parte, controllando quello che succede sul suo territorio. Non
può gravare sulle spese della collettività quello che deve essere un
risanamento, una bonifica contrattualmente prevista. Dopo di che se vogliono
essere erogati fondi comunitari, regionali, ecc., per la bonifica…”
“Ci hanno tolto persino le oloturie!”
Per
Valeria Mignone “ben venga il monitoraggio dei pozzi, che è l’unico modo
per conoscere qual è lo stato attuale del territorio salentino, qualunque siano
state le cause. L’unica cosa che emerge per migliorare lo stato del territorio
salentino è la prevenzione. Che deve essere un’azione sinergica. Quindi andiamo
certamente a vedere da dove vengono i danni, cerchiamo di capire, ma può essere
che non vengano solo da lì. Se pensiamo di fermare la falesia che crolla al
mare con un’ulteriore cementificazione e con altro carico urbanistico… Dalla
Grecia, per esempio, l’intermediatore si è asservito alle imprese locali per rastrellare
il nostro mare dalle oloturie. Non c’è più un oloturia nei nostri mari.
Evidentemente perché anche in Grecia sanno che controlliamo poco il nostro Salento,
anche in mare. In tutto l’Adriatico il fenomeno ha interessato solo le coste
salentine. Ci vorranno 50 anni per ricostituire quell’humus. Questo significa
che quel mare va verso l’eutrofizzazione perché le oloturie attivano un
ricambio del mare. Vi sono paesi senza fogna ma continuiamo a costruire
villaggi. Non siamo in grado di garantire che tutto questo carico urbanistico
non vada poi va a finire in mare. Nessuno verifica che i pozzi delle fogne
funzionino. Che i pozzi delle ville non siano stati sfondati. Certamente non
può essere un monitoraggio della magistratura. Aumenta il carico urbanistico,
la produttività e nel frattempo il mare va a morire.
Allora”, conclude, “svegliamoci e prestiamo attenzione al
territorio e a quello che succede. Spendiamo in termini sanitari (le
cure del cancro gravano sulla collettività) quello che risparmiamo in misure
di attenzione sul territorio non costringendo al rispetto della legge e delle
misure di protezione dell’ambiente”.
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