PIL etico e PIL non etico, questo è il dilemma. Sempre si
tende a considerare il PIL come parametro di calcolo per il “benessere” di un
paese. Tuttavia è una stortura vera e propria. Consideriamo il fatto che, per
esempio, se mi rompo una gamba, poi dovrò spendere soldi per comprare le
stampelle, questa spesa verrà conteggiata nel PIL. Se resto in coda in auto nel
traffico consumerò più benzina e questo farà aumentare il PIL. Paradossalmente
si considera “benessere” un immenso ingorgo in autostrada.
Esiste anche un altro PIL del quale dobbiamo semplicemente
vergognarci come esseri umani e come rappresentanti di quel “primo mondo” in cui viviamo.
“L’esportazione di armi italiane nel mondo segna un
incremento del 186% rispetto al 2014. Dato clamoroso – dice Nigrizia in anteprima – che mostra come sia di
cartapesta la retorica smerciata da chi si lamenta che l’Italia delle armi è in
declino. L’anno scorso, infatti, il valore globale delle licenze di
esportazione definitiva ha raggiunto gli 8 miliardi e 247 milioni di euro
rispetto ai 2 miliari e 884 milioni del 2014. Un boom senza precedenti, che il
ministero degli Esteri e della Cooperazione (Maeci) ha commento
eufemisticamente: "...Si è pertanto consolidata la ripresa del settore
Difesa a livello internazionale, già iniziata nel 2014 e in linea con
l’andamento crescente globale del settore difesa nel 2015". I dati sono
contenuti nella Relazione sulle operazioni autorizzate di controllo materiale
di armamento 2015, consegnata il 18 aprile scorso dal sottosegretario di stato
alla presidenza del consiglio dei ministri alle cinque commissioni permanenti
di Camera e Senato (affari costituzionali; affari esteri, emigrazione; difesa;
finanze e tesoro; industria, commercio, turismo)”.
Interessante, sempre leggendo Nigrizia, vedere dove
finiscono gli armamenti prodotti nel bel paese.
“Tra i primi dieci paesi troviamo, come nel 2014, gli
Emirati arabi uniti (che hanno ricevuto materiale bellico per 304 milioni di
euro, in linea con l’anno precedente) e l’Arabia Saudita (dai 163 milioni a
258). Due paesi alla guida della coalizione arabo-africana in conflitto nel
vicino Yemen. A dimostrazione che i divieti imposti dalla legge 185 del 1990
(non vendere armi a paesi in guerra) sono carta straccia nella realtà. Anche la
Turchia ha più che raddoppiato gli investimenti in armi italiane: 128,7 milioni
a fronte dei 52,4 del 2014”.
Elicottero "Mangusta" (Agusta) venduto
all'Arabia Saudita
Con buona pace della legge citata.
C’è poi un fiorente mercato illegale di armamenti verso i paesi
che trucidano ed effettuano genocidi del quale pare sfuggano le cifre.
E in Italia, sempre secondo i dati pubblicati su Nigrizia:
A beneficiarne le aziende
del settore, con Alenia Aermacchi, Agusta Westland, Ge Avio, Selex ES,
Elettronica, Oto Melara, Intermarine, Piaggio Aero Industries ai primi posti
della classifica come valore contrattuale delle operazioni autorizzate. La
maggior parte di queste aziende, come sempre, è di proprietà o è partecipata
dal gruppo ex Finmeccanica, oggi Leonardo.
Gli articoli “Made
in Italy” più venduti: carri armati, aerei, elicotteri, navi,
artiglieria, bombe, missili, siluri, fucili, munizioni e armi chimiche
antisommossa (venduti ai corpi di Polizia di Spagna, Romania, Brasile,
Bangladesh, fra gli altri).
A fronte di questi dati certa politica “pelosa” e senza etica
alcuna, dice forte “aiutiamoli a casa loro” parlando di immigrati che fuggono
da guerre criminali e sanguinose, da città devastate (Aleppo è emblematica). E
lo dicono senza far seguire lo slogan da una presa di posizione netta e decisa “basta
produzione e vendita di armamenti” “Conversione dell’industria bellica”.
Senza queste premesse si capisce come il PIL sia non solo
dannoso e ipocrita, ma foriero di altre guerre e altre immigrazioni di persone
disperate e rimaste senza nulla.
Affrontare il problema immigrazione selvaggia può
prescindere dalla comprensione sui motivi che la spingono?
Il mondo detto primo da questo punto di vista è un immenso
serpente che si morde la coda e che aggiunge PIL a PIL, produzione e vendita di
armamenti da un lato, produzione e vendita di cibo e di “assistenza” ai
profughi dall’altro. Veramente, a noi questo PIL non piace per nulla!
Fonte del
corsivo: La
Repubblica
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