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venerdì 25 novembre 2016

Capire le mafie

“Serial killer”, “accozzaglia”… sono solo due simpatici nomignoli che si lanciano i contendenti  del referendum del prossimo 4 dicembre. Poi ci fanno sapere che l’attrice ormai incartapecorita tal dei tali vota così, come il campione sportivo vota in altro modo. Insomma, il dibattito prosegue sempre più deprimente, ripetitivo, stanco, al limite dell’umana sopportazione. Nel frattempo al bar Sport molto spesso neppure si sa bene per cosa si vota. Altro segnale inquietante della distanza fra la politica e i social dalla vita reale.
Nonostante loro dobbiamo tenere alta la guardia e l’attenzione, è urgente tornare a fare costante informazione, puntuale, precisa. Chiamare le cose con il loro nome: la corruzione, la politica locale infiltrata, le auto che bruciano per mano dei racket, i rifiuti interrati che provocano cancro rendendo il Salento leccese la “terra dei fuochi” pugliese, dove la mortalità per cancro è ai massimi livelli, altro che “sole, mare e jentu”, siamo a “diossina, rifiuti tossici, bimbi malati”. I rifiuti interrati nel tracciato della famigerata statale 275 che vengono fuori ad ogni spalata di terra, le associazioni ambientaliste che sono lasciate sole, le “voci dal basso” inascoltate, le collusioni fra politica e mafie per gli appalti, i piani regolatori cambiati in corsa per favorire questo o quel boss locale. Episodi tutti quanti che dovrebbero suscitare allarmi nella società, tuttavia, come denuncia il Procuratore Cataldo Motta parlando della gestione rifiuti in Salento e delle connivenze, sembra che tutto passi sotto silenzio. Un silenzio inquietante che provoca assuefazione, “Quando scompaiono le associazioni, non ci sono manifestazioni, non c’è partecipazione  allora nasce il consenso sociale e si crea lo spazio e la possibilità di infiltrazioni negli enti pubblici. Siamo arrivati a questo: non succede più nulla, apparentemente è tutto molto tranquillo, sembra raggiunto il livello di assuefazione». Ecco il pericolo paventato da Motta. E quando la politica, a fronte dell’inchiesta di una giornalista, Marilù Mastrogiovanni, si pone il problema di adire a vie legali, il messaggio è chiaro, limpido, trasparente nella sua cupezza “noi siamo il potere, voi tacete”. Quindi ben vengano i giornalisti che informano con puntualità, ma ben venga anche altra informazione, quella delle associazioni, delle scuole che rispondono con progetti sulla legalità. Il cittadino informato puntualmente è cittadino critico, attento. L’assuefazione ai reati di qualsiasi natura favorisce solo ed esclusivamente atteggiamenti mafiosi. Il commerciante taglieggiato, se si sente solo, non protetto dallo sdegno della società, si sentirà anche abbandonato e ancora più impaurito nel denunciare. Così le auto che bruciano nella notte, (una ogni sera?), così la corruzione che dilaga, così gli appalti offerti in cambio di mazzette o pacchetti di voti. Tutto diventa quotidianità, norma. Bene ha fatto il Procuratore Motta a lanciare questo allarme.  Al di là del referendum che passerà e, dal 5 dicembre, tutto tornerà nella normalità, rimarrà il debito pubblico, rimarranno le emergenze nei pronto soccorso intasati degli ospedali, rimarrà la povertà e i ragazzi proseguiranno ad emigrare. Quello che non sarà mai normale, pur se vogliono farcelo percepire come tale, è proprio la mafia, sono le mafie dilaganti. Abituarsi, assuefarsi, è comportamento al limite dell’omertoso.

Occorre tornare ad essere presenti. Le mafie mutano pelle e modalità di comportamenti, dalla gestione delle slot machines imposte e scollegate dall’erario, fin su, ai piani alti della politica. Occorre tornare a comprendere informarsi, capire. Quindi magari creare momenti pubblici, ad esempio una giornata di studio su come mutano le mafie. Anche questa è informazione!

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