Incredibile ma vero, succede a Roma, capitale d’Italia.
Giudicata dalle intelligence (?) del mondo intero “obiettivo sensibile” per il
terrorismo. Mentre all’expo misure di sicurezza senza eguali contano i peli
sotto le ascelle degli autisti di camion, a Roma capitale si scopre, toh la
novità, che la mafia esiste.
I fatti:
Il criminale mafioso Casamonica muore.
La famiglia organizza funerali con: carrozza funebre
trainata da sei cavalli, Rolls Royce che porterà la salma al suo posto in
cimitero, banda che suona “Il padrino”, elicottero che lancia petali di rosa,
centinaia di personaggi strani che plaudono, esaltano il loro padrone che ha
tolto il disturbo, piangono, innalzano la bara del criminale.
Detto questo si scopre che:
- Il prefetto non ne sapeva nulla (funerali a sua insaputa).
- Il sindaco era all’oscuro di tutto.
- La questura aveva altro da fare.
- I carabinieri controllavano (poco però).
- I vigili urbani si sono stupiti nel vedere un po’ di assembramento (forse pensavano si trattasse del mercatino rionale?)
- Il parroco che ha fatto il funerale è lo stesso che cacciò via la salma di Welby. Evidentemente Renatino de Petris, capo della banda della Magliana sepolto con tutti gli onori in una nota chiesa Romana, ha fatto scuola.
- Il pilota dell’elicottero non aveva alcuna autorizzazione a sorvolare la capitale e soprattutto a lanciare oggetti.
- Il capo della banda è un carabiniere in pensione che a sua insaputa ha dovuto suonare le musiche de “Il Padrino” e ha dichiarato di essere all’oscuro di chi fosse la salma. Quando gli chiedono di suonare Bandiera rossa probabilmente pensa di essere alla premiazione della Milano Sanremo.
- Alfano, lo stesso che stava nel partito del mafioso Dell'Utri e del suo datore di lavoro Berlusconi, si scandalizza. (Forse non è stato invitato alle esequie?)
Ora ci si chiede come mai un elicottero possa lanciare
oggetti (e se non si fosse trattato di petali?) e sorvolare la capitale senza
che nessuno dicesse nulla. Ci si chiede se un Prefetto che “non sa nulla” non
debba essere dimissionato d’ufficio. A non sapere può essere il barista o il
fruttivendolo, se è il Prefetto il problema esiste. Se il questore debba per
forza rimanere al suo posto, se il capo dei vigili non abbia un problemino di
controllo del territorio, se il sindaco o chi per lui non dovesse essere a
conoscenza di nulla, se qualcuno degli investigatori avesse sentito la notizia
che era morto uno dei più grandi criminali d’Italia e si sia posto il problema
di andare a farsi un giretto per vedere, indagare, sapere. In ultima analisi ci
si chiede: chi protegge i cittadini?
Successe a Gallipoli che quando morì Padovano, il boss della
SCU, la città praticamente chiuse per “lutto di rispetto”, al corteo funebre
c’erano politici e maggiorenti. Un noto personaggio della sinistra locale
(avvocato di spicco) mandò le condoglianze in privato perché “Per questioni
etiche non posso partecipare alle esequie, porta tu il mio saluto alla
famiglia”. Dove la mafia è padrona succede, può succedere.
Questo non significa affatto che Roma o Gallipoli siano città mafiose. Non lo si può dire
neppure di Milano o di altre città che hanno un’economia parallela e criminale
che tende tentacoli nella cosa pubblica. Le città mafiose non esistono, esiste
una mafia che tenta in ogni modo di governale e che spesso, per fortuna, è
contrastata dalle persone per bene e da amministratori e inquirenti eroicamente
dalla parte della legalità. Esistono addirittura sindaci che non vanno ai
funerali del boss mafioso e Prefetti che vietano la pompa magna per le esequie
di personaggi legati alla criminalità. Il problema nasce quando non si vuole
vedere, sentire, leggere, comprendere. Dire che una città è mafiosa significa
semplicemente dichiararsi impotenti, non voler combattere un male in quanto
endemico e indistruggibile. Così non deve essere mai, proprio per questo il
prefetto di Roma e i responsabili dovrebbero immediatamente rassegnare le
dimissioni dagli incarichi che ricoprono e lasciar fare a persone che sappiano
agire e che non permettano, con i loro comportamenti, allusioni a ipotetiche
connivenze. Al pilota dell’elicottero è stata giustamente revocata la licenza,
perché lo stesso non succede con i piloti delle indagini che hanno sbagliato? O
con quello delle Prefettura che non sapeva nulla?
E’ vero che siamo nel paese in cui un deputato accusato di
qualunque delitto, compreso l’abigeato, gode dell’impunità, in cui un primo
ministro che compera i voti prosegue a governare, salvo cadere poi su prostitute
minorenni. Ma siamo anche nel paese di Falcone e Borsellino. Questo dovrebbe
essere un segnale.
Atteggiamenti mafiosi e mafiogeni si rincorrono, assieme
alla volontà di non vedere, non sapere, cascare dal pero… Solo con un
tornaconto spesso.
E quando si tratta di governanti, forze dell’ordine,
prefetti, politici di rango, sacerdoti, ecc. il peccato non è più veniale, è
gravissimo. A volte, nell’immaginario collettivo, può rasentare la complicità.
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