Ogni estate, da 7 anni, mi sono occupato dei
migranti di Nardò: prima di qualunque altro giornalista, sindacalista,
attivista. Beccandomi le minacce degli imprenditori che si trovano imputati
anche sulla base delle inchieste giornalistiche dell'Indiano, acquisite agli
atti del processo.
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Danilo Lupo |
La verità è che le cose non sono cambiate da quel 2008 nel quale l'anguria mostrava la sua faccia nera. Anzi, sono peggiorate: lo shock di scoprirsi razzista è evaporato; la masseria nella quale nacque la rivolta degli schiavi è stata chiusa; il caporalato è tornato l'unico vero sistema per lavorare; e la tendopoli degli africani è ormai considerato un male necessario, un po' come i cassonetti per strada. Ogni tanto arriva qualche troupe nazionale, la Cgil critica e si mobilita, il Comune brontola e rivendica. Ma poi ogni estate tutto rimane com'è.
La terra dei gattopardi politici, istituzionali
e imprenditoriali predica dignità e integrazione ma pratica sfruttamento e
apartheid. Scusate l'amarezza ma dopo 7 anni io questa ipocrisia non la
racconto più.
Questo è lo sfogo, ahinoi,
disarmato di Danilo Lupo su Facebook. Seguono commenti che approvano o
disapprovano la scelta di non parlare di questo cancro, tutti comunque di
solidarietà con l’autore.
Mi permetto di dissentire da
Danilo su un punto: questa storia a qualcuno interessa sempre e ancora.
Detto questo rimarco con
costernata impotenza l’assuefazione che riusciamo tutti quanti a procurarci. La
notizia quando è in prima ci fa indignare, poi diventa consuetudine, si insinua
nel vissuto di ogni giorno e non è più notizia, è un refrain a volte fastidioso.
I social network contribuiscono ampiamente a questo bruciare emozioni, una
raccolta di firme, un paio di commenti indignati et voila, il gioco è fatto.
Leggiamo con disattenzione la pagina 4 e 5 dei giornali, quella dove finiscono
spesso gli scafi affondati nel più grande cimitero en plein air al mondo: il
mare nostrum. Sette Persone è la media giornaliera di chi è crepato in mare
negli ultimi 20 anni. Non fa notizia, non più. E ci sono inchieste, altri
giornalisti che se ne occupano di tanto in tanto, poi arriva Santoro con le sue
pelose interviste a Berlusconi e la politica poco dignitosa torna prepotente in
prima. Pazienza, caro Danilo, così è.
Pazienza una cippa, vien da
dire, in mare continuano a crepare Persone portate qui da mafiosi negri e
bianchi assieme, alla faccia della purezza della razza.
E quelle persone, molte di
quelle, finiscono a Nardò, a Pachino, a raccogliere pomodori in Piemonte o in
Sicilia. Finiscono in mano ai caporali. Dopo otto anni diventa una non notizia,
bruciata. Come diventa mancanza di indignazione l’immobilismo colpevole di
un’amministrazione sedicente di centro sinistra. Sedicente perché agisce
specularmente a come qualunque altra amministrazione, in modo identico.
Proclami roboanti seguiti da un nulla inquietante. E via a fare punte alle
matite. “Tocca a noi pagare o alla Provincia, o alla Regine, o allo Stato?” Perbacco,
quei ragazzi sono Persone! Hanno necessità qui ed ora.
E’ possibile, è plausibile, è
credibile che nella Nardò di Porto Selvaggio, quella dove nessuno osa mettere
all’ingresso della città: “Benvenuti a Nardò città di Renata Fonte”, è
possibile che nessuno conosca i nomi e i cognomi dei proprietari dei campi di
angurie nei quali lavorano schiavi portati lì da caporali e li denunci? E’
possibile ed è credibile che un’amministrazione in otto lunghissimi anni non
sia riuscita a dotarsi di qualche stanza, qualche doccia e il minimo
indispensabile per accogliere Persone che vengono a lavorare lì? Ed è credibile
che ogni anno si vanti il PIL locale derivante dall’agricoltura? Detraete da
quelle somme la dignità, per favore, vedrete che il vostro PIL scende sotto
zero.
Almeno si abbia il coraggio e
si metta la faccia se si pensa che questo è PIL pulito e che individui come
Danilo Lupo sono dei bugiardi. Già, perché delle due una, cari amministratori
di centro sinistra di Nardò, o la stampa che se ne occupa mente, o il problema
esiste e voi vi rifiutate di azzannarlo. Le passerelle per i 70 anni della CGIL
a cosa servono? A rivangare fasti antichi forse, di quando Nardò cercava
democrazia. Quel pomeriggio in quella sala c’era molta democrazia ascoltata nei
racconti di chi lottò e lotta. Ma c’era molta pelosa e goffa parata di buone
intenzioni seguite da un vuoto pneumatico.
E la costernazione e la
rabbia alle parole di Ciotti quando evoca un calcio in culo ai neritini che non
vogliono ricordare Renata Fonte in piazza? E il rivendicare che Nardò non è
città mafiosa? Ovvio, scontato, una città non può essere
mafiosa, ovvio, scontato, a Nardò ci sono migliaia di persone per bene. Però a volte i silenzi uccidono, la mancata
denuncia uccide. Abituarsi a vedere Persone che dormono sotto gli ulivi e far
finta che non ci siano, che non facciano acquisti nei nostri supermercati, è
comportamento che nessuno si sogna di chiamare mafioso. Omertoso va meglio?
Neppure il nuovo corso della
politica aiuta. Dove stanno i partiti? Nelle loro sedi a contare i voti per il
congresso? A sostenere il governo del fare?
Vediamo, per partiti mi
riferisco a quelli che hanno a cuore la Democrazia e la Costituzione, chi vuole
demolirle entrambe a colpi di depenalizzazione dei falsi in bilancio o di leggi
elettorali che tolgono le preferenze non mi interessano. Le destre sono quelle
che fanno il reato di clandestinità e tacciono sugli immigrati nei campi di
Nardò, per intenderci. Quello che non è destra invece sta serenamente a
guardare. A volte fa un bel volantino e poi corre altrove. Magari alla sagra
della frisa.
CGIL fa il suo lavoro, ci
prova a denunciare, è lì con i camper a presidia per quel che può, però sembra
una lotta impari se manca la politica, se a quei presidi non ci sono i partiti
che hanno a cuore la Democrazia, non solo l’annullamento della Carta
Costituzionale. Nel momento in cui un
giornalista di inchiesta scrive le parole di Danilo, piaccia o no, hanno vinto
le mafie. Vogliamo proprio che succeda?
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