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giovedì 10 luglio 2014

Danilo Lupo, gli schiavi di Nardò e la politica pelosa.

Ogni estate, da 7 anni, mi sono occupato dei migranti di Nardò: prima di qualunque altro giornalista, sindacalista, attivista. Beccandomi le minacce degli imprenditori che si trovano imputati anche sulla base delle inchieste giornalistiche dell'Indiano, acquisite agli atti del processo.
Danilo Lupo
Quest'anno no: perché la verità è che questa storia non interessa a nessuno. Per le istituzioni dell'ordine pubblico è un fastidio di stagione. Per la città è un derby poco appassionante tra "mori" e "milunari" che non vale un millesimo di Germania-Brasile. Per l'amministrazione è una polemica politica da zittire con qualche provvedimento spot. 
La verità è che le cose non sono cambiate da quel 2008 nel quale l'anguria mostrava la sua faccia nera. Anzi, sono peggiorate: lo shock di scoprirsi razzista è evaporato; la masseria nella quale nacque la rivolta degli schiavi è stata chiusa; il caporalato è tornato l'unico vero sistema per lavorare; e la tendopoli degli africani è ormai considerato un male necessario, un po' come i cassonetti per strada. Ogni tanto arriva qualche troupe nazionale, la Cgil critica e si mobilita, il Comune brontola e rivendica. Ma poi ogni estate tutto rimane com'è.
La terra dei gattopardi politici, istituzionali e imprenditoriali predica dignità e integrazione ma pratica sfruttamento e apartheid. Scusate l'amarezza ma dopo 7 anni io questa ipocrisia non la racconto più.

Questo è lo sfogo, ahinoi, disarmato di Danilo Lupo su Facebook. Seguono commenti che approvano o disapprovano la scelta di non parlare di questo cancro, tutti comunque di solidarietà con l’autore.

Mi permetto di dissentire da Danilo su un punto: questa storia a qualcuno interessa sempre e ancora.
Detto questo rimarco con costernata impotenza l’assuefazione che riusciamo tutti quanti a procurarci. La notizia quando è in prima ci fa indignare, poi diventa consuetudine, si insinua nel vissuto di ogni giorno e non è più notizia, è un refrain a volte fastidioso. I social network contribuiscono ampiamente a questo bruciare emozioni, una raccolta di firme, un paio di commenti indignati et voila, il gioco è fatto. Leggiamo con disattenzione la pagina 4 e 5 dei giornali, quella dove finiscono spesso gli scafi affondati nel più grande cimitero en plein air al mondo: il mare nostrum. Sette Persone è la media giornaliera di chi è crepato in mare negli ultimi 20 anni. Non fa notizia, non più. E ci sono inchieste, altri giornalisti che se ne occupano di tanto in tanto, poi arriva Santoro con le sue pelose interviste a Berlusconi e la politica poco dignitosa torna prepotente in prima. Pazienza, caro Danilo, così è.
Pazienza una cippa, vien da dire, in mare continuano a crepare Persone portate qui da mafiosi negri e bianchi assieme, alla faccia della purezza della razza.
E quelle persone, molte di quelle, finiscono a Nardò, a Pachino, a raccogliere pomodori in Piemonte o in Sicilia. Finiscono in mano ai caporali. Dopo otto anni diventa una non notizia, bruciata. Come diventa mancanza di indignazione l’immobilismo colpevole di un’amministrazione sedicente di centro sinistra. Sedicente perché agisce specularmente a come qualunque altra amministrazione, in modo identico. Proclami roboanti seguiti da un nulla inquietante. E via a fare punte alle matite. “Tocca a noi pagare o alla Provincia, o alla Regine, o allo Stato?” Perbacco, quei ragazzi sono Persone! Hanno necessità qui ed ora.  
E’ possibile, è plausibile, è credibile che nella Nardò di Porto Selvaggio, quella dove nessuno osa mettere all’ingresso della città: “Benvenuti a Nardò città di Renata Fonte”, è possibile che nessuno conosca i nomi e i cognomi dei proprietari dei campi di angurie nei quali lavorano schiavi portati lì da caporali e li denunci? E’ possibile ed è credibile che un’amministrazione in otto lunghissimi anni non sia riuscita a dotarsi di qualche stanza, qualche doccia e il minimo indispensabile per accogliere Persone che vengono a lavorare lì? Ed è credibile che ogni anno si vanti il PIL locale derivante dall’agricoltura? Detraete da quelle somme la dignità, per favore, vedrete che il vostro PIL scende sotto zero.
Almeno si abbia il coraggio e si metta la faccia se si pensa che questo è PIL pulito e che individui come Danilo Lupo sono dei bugiardi. Già, perché delle due una, cari amministratori di centro sinistra di Nardò, o la stampa che se ne occupa mente, o il problema esiste e voi vi rifiutate di azzannarlo. Le passerelle per i 70 anni della CGIL a cosa servono? A rivangare fasti antichi forse, di quando Nardò cercava democrazia. Quel pomeriggio in quella sala c’era molta democrazia ascoltata nei racconti di chi lottò e lotta. Ma c’era molta pelosa e goffa parata di buone intenzioni seguite da un vuoto pneumatico.
E la costernazione e la rabbia alle parole di Ciotti quando evoca un calcio in culo ai neritini che non vogliono ricordare Renata Fonte in piazza? E il rivendicare che Nardò non è città mafiosa?   Ovvio, scontato, una città non può essere mafiosa, ovvio, scontato, a Nardò ci sono migliaia di persone per bene.  Però a volte i silenzi uccidono, la mancata denuncia uccide. Abituarsi a vedere Persone che dormono sotto gli ulivi e far finta che non ci siano, che non facciano acquisti nei nostri supermercati, è comportamento che nessuno si sogna di chiamare mafioso. Omertoso va meglio?
Neppure il nuovo corso della politica aiuta. Dove stanno i partiti? Nelle loro sedi a contare i voti per il congresso? A sostenere il governo del fare?
Vediamo, per partiti mi riferisco a quelli che hanno a cuore la Democrazia e la Costituzione, chi vuole demolirle entrambe a colpi di depenalizzazione dei falsi in bilancio o di leggi elettorali che tolgono le preferenze non mi interessano. Le destre sono quelle che fanno il reato di clandestinità e tacciono sugli immigrati nei campi di Nardò, per intenderci. Quello che non è destra invece sta serenamente a guardare. A volte fa un bel volantino e poi corre altrove. Magari alla sagra della frisa.
CGIL fa il suo lavoro, ci prova a denunciare, è lì con i camper a presidia per quel che può, però sembra una lotta impari se manca la politica, se a quei presidi non ci sono i partiti che hanno a cuore la Democrazia, non solo l’annullamento della Carta Costituzionale.   Nel momento in cui un giornalista di inchiesta scrive le parole di Danilo, piaccia o no, hanno vinto le mafie. Vogliamo proprio che succeda?


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