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sabato 7 giugno 2014

Ricostruire la sinistra. Dall' IO al NOI

                          io                                             io                                                   io                                             

Ricostruire, o meglio, costruire un nuovo soggetto di sinistra senza partire  dalle liturgie del passato. Per capirci, senza partire da una sinistra che definirei, più che polverizzata, polverosa, ancora alla ricerca di chi è più puro di chi. Leggo su facebook un botta e risposta:
“Tutta colpa di Berlinguer!”
“Non è vero, sto scrivendo un saggio che dice che la colpa è di Togliatti!”.

Colpa di che? Ma del berlusconismo, ovviamente e delle evoluzioni post tangentopoli. Qualcuno più attuale imputerà presto a Vendola la scomparsa dei dinosauri. A dirne sono tutte persone che, alla lunga, ci si stanca di sentire, annoiano per il loro essere fuori dall’oggi, vivono in un passato remoto. Mi scriveva un amico dal centro America “voi europei vivete ieri e domani, noi viviamo oggi”. Ecco, avesse conosciuto le variegate sinistre (aggettivo) italiche si renderebbe conto che alcuni vivono solo l’altro ieri.  
In queste ultime elezioni, epocali, si sono verificati alcuni fatti imponenti. Personalmente ritengo il 4% della lista Tsipras molto più eccezionale ed importante del 41% di Renzi e del 20% di Grillo. Importante innanzitutto  per un problema squisitamente lessicale, che diventa politico a tutto tondo. Si parla della vittoria di Renzi e dei risultati di Grillo e Berlusconi. Ugualmente si dice del risultato della lista per Tsipras. Mentre la personalizzazione della politica è del tutto evidente nei primi casi in cui i nomi dei partiti spariscono per lasciare il campo ai loro tutor (padroni?), l’idea di qualcosa di plurale, fortunatamente, indica una lista che plurale ha voluto veramente essere. L’ultimo ventennio ha contribuito a trasformare la politica da “noi” a “io” , l’uomo solo al comando è stata l’imposizione del populismo dal quale non si è saputo sottrarre il PD da Veltroni in avanti, tranne il tentativo sfortunato, ahinoi, di un onestissimo Bersani. Il caso Grillo è emblematico, un insieme di emeriti sconosciuti fanno parte del secondo partito italiano, persone fuori da qualunque agone politico, spesso (come dimostrano Camera e Senato) incapaci, a volte inetti quando confondono il grano saraceno con quello importato, non è stata questione di poco conto, è una proposta di legge, e se, per assurdo, il parlamento la facesse passare così com’è? Vallo a spiegare che si è trattato di un refuso, si chiama disinformazione! Molto spesso questi individui sono stati votati da 15/20 persone in elezioni amministrative per poi passare di diritto alla Camera e al Senato. Ha vinto Grillo, non il movimento cinque stelle, ed ha vinto chi urlava più forte e chi era bravo a dire vaffanculo in TV. Lo stesso, sia pure con termini più moderati è successo con Renzi che incarna un neo populismo di sinistra che fa dire a gran voce “lui farà le riforme, lui risparmierà sulla spesa pubblica”, annotiamo i “Lui” e cassiamo di colpo ogni idea di Parlamento come mediatore fra le mire assolutistiche del conducator e gli elettori. Però, penso, proprio su questo cadrà il fiorentino, sulla sua spocchia quando scivolerà sui voti di chi schifa questo tipo di politica imposta alla maniera di altri recenti governanti o quando pesterà troppo i piedi ad un altro Lui. Addirittura, e questo è l’aspetto più perfido, il terzo partito è rappresentato da un fuorilegge condannato per reati contro lo Stato. Anomalia italica. Il tentativo estremo di Renzi di polverizzare tutto ciò che non sta dentro il suo recinto è andato a vuoto (per poco in realtà) proprio grazie alla capacità di molti elettori di volersi riconoscere nel plurale e non nel singolare, nel Noi e non nel Lui. E questo è accaduto anche nonostante le multicolori sinistre  che amavano prevedere una ennesima debacle e probabilmente avevano già pronto il discorso che iniziava con: “noi l’avevamo detto!”
Che fare ora di questi “Noi”? Ritentare, se possibile, la formazione di una forza che raggruppi gli altri Noi, consapevoli però di essere minoranza sempre e comunque, e l’opposizione, alla lunga, logora. Il dibattito pare accendersi sul come e quando salire sul carro del PD. Salirci perché? Per venire fagocitati in un partito (Lui) che prevede la demolizione della Carta Costituzionale e un sistema elettorale infausto? Salirci per fare minoranza interna e dire  “siamo belli ma sfortunati?” Oppure restare fuori con una progettualità diversa, con la consapevolezza di poter essere parte di un governo con il quale condividere principi non negoziabili, penso alla priorità del lavoro, della dignità delle persone, dell’ambiente, della condivisione dei diritti, della pace come bene supremo e via negoziando. Anche in questo caso tutto dipenderà dalla forza del PD di saper dialogare al suo interno, se vincerà chi vuole larghe intese sempre e comunque la storia è finita, se invece si vorranno ricucire i dialoghi a sinistra i giochi sono aperti. Il Noi che si è esposto e mi ha fatto tornare la voglia di votare e di fare un minimo di campagna elettorale mi sta simpatico, è l’ideale proseguimento delle fabbriche di Nichi, prima che lo stesso Nichi le annichilisse per tentare un improbabile partitino (l’ennesimo) nato con la conta di chi portava più voti, non sulle individualità. Si è formata una specie di casta che ora, per fortuna, pare voler correggere il tiro. Non penso affatto, quindi, allo scioglimento degli attuali partiti e in convergenze, porterebbero ad un’altra conta, a voti in assemblea passati sottobanco, a scenari già vissuti e deprimenti, penso all’inclusione di individui che provengano dalla sinistra diffusa soprattutto, le convergenze, se ci saranno, siano individuali. Forse da lì si può ripartire, chissà.  Al momento rimango a guardare, l’anagrafe mi suggerisce di essere eventualmente elettore, magari critico, ma solo quello. Ammesso che ci sia una formazione credibile al punto di riportarmi al voto nella prossima tornata, superando magari anche lo schifo per l’incostituzionalità di una legge elettorale senza preferenze, con una camera di nominati ed un senato di non eletti. Soprattutto riuscendo a non vedere più i balletti inquietanti di queste ore, quando SEL dibatte se far fuori o meno la Spinelli (non conosco i termini del dibattito, perché non voglio conoscerli istintivamente non mi interessano) o come collocarsi in Europa, se con il PSE o altrove. Progettualità prima delle elezioni era chiedere troppo? Chiarezza con gli elettori era un lusso?  Sembra quasi che siamo scesi dal letto con il piede sinistro, o che nessuno credesse veramente che si sarebbe superata la soglia.

Restiamo a guardare, superando la stanchezza magari, o magari rifacendoci alla poesia che dovrà pure, prima o dopo, conquistare il mondo. Già li sento i soloni della concretezza, dello spread e del PIL, dire che questo è solo stare fuori dalla realtà, che ci vuole pragmatismo. Però che posso farci se non mi voglio più accontentare del meno peggio?  

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