E’ bello passare una domenica mattina camminando nell’isola
che c’è, anche non si può visitare. Appuntamento alle 9 alla lega navale di
Gallipoli, poi l’imbarco per il breve tragitto. Arrivando da Lecce, di
Sant’Andrea si vede il faro e l’isolotto sembra un insignificante striscia di
terra, in realtà con i suoi 14 ettari è una piccola miniera naturalistica. Anche
il faro sembra normale, basso, si tratta invece di uno dei più alti d’Europa,
solo che molti suoi fratelli sono messi su alture, Sant’Andrea ha un’altitudine
massima di due metri s.l.m., quindi l’illusione ottica lo rende bassotto. E’ un
po’ la storia dei tacchi alti come trampoli, “slanciano”, lui più sportivamente
indossa mocassini bassi. Ah i proverbi, “l’apparenza inganna”.
Certo che avere un amico come Antonio, gallipolino doc e
kajakista per vocazione, è un privilegio. Parlai con lui della voglia di
visitare l’isola e lui è riuscito nell’intento. Per molti anni mettere piede su
quel pezzo di terra era interdetto, le ragioni del parco protetto contano. L’isola
fa parte del parco naturale gestito in qualche modo, non sempre bene, come
spesso succede. Le non scelte amministrative e burocratiche spesso rendono
impossibile fruire di beni dal valore immenso, magari con un turismo
controllato, guidato, accompagnato che sarebbe anche un valore aggiunto per i
comuni. Certo che è più facile aggiungere
parcheggi blu per fare cassa, anziché compiere piccoli slanci di fantasia. Impedire
la visita a certi luoghi è come se qualcuno acquistasse un Van Gogh e lo
facesse seppellire con lui per averlo nell’eternità. E’ successo in Giappone,
ahinoi. Che poi a Sant’Andrea sia tutto finto è evidente. Ci sono pure scritte
con lo spray sul faro, insomma, come diceva qualcuno “pannicelli caldi”.
L’isola di sant’Andrea è il regno del gabbiano corso, lì
nidifica e si riproduce. Purtroppo abbiamo visto molte carcasse di uccelli: “Il
gabbiano corso si nutre solo di pesce il pesce contiene piombo e avvelena” dice
la nostra guida, il mare in fondo è una discarica a cielo aperto: combustibili
per imbarcazione, inquinamenti di varia natura e via dicendo. Il gabbiano corso
è endemico del Mediterraneo, individua i luoghi per nidificare e riprodursi,
qualche coppia, chissà quando, è sbarcata sull’isolotto che è diventato meta
preferita. Nel sud solamente qui succede, poi in Corsica e negli arcipelaghi
toscani. In estate ce ne sono molti perché sono più stanziali, in inverno sono
più liberi perché i piccoli si sono resi autonomi e si muovono più agilmente.
Poi ci sono i gabbiani reali, quelli con il becco giallo,
sono più tenaci e meno raffinati nel cibo, mangiano ogni cosa, soprattutto si sono
adattati alle discariche dove trovano cibo in abbondanza. Così vivendo stanno diventando un vero
problema per l’ecosistema, si moltiplicano senza pudore.
Sant’Andrea è considerata dalla Comunità Europea un habitat ideale
anche per la salicornia, un altro ottimo motivo per proteggerla. La
“civilizzazione” ha distrutto moltissima vegetazione in giro per il Salento ricoprendola
con manti di asfalto e parcheggi, qui invece c’è una vera e propria prateria di
salicornia che sopravvive perché tenace, l’acqua è salata, lei se ne nutre riuscendo
ad espellere il sale. Molti insetti e piccoli molluschi si rifugiano nell’erba
e diventano cibo per i migratori. Un esempio di catena alimentare
raffinatissimo. Come diceva qualcuno: “la natura era un equilibrio perfetto,
poi è arrivata la variabile impazzita: l’uomo”.
Pochissime le specie fiorite, lo statice serotino,
autunnale, ha la caratteristica, come la salicornia, di espellere il sale
dall’acqua.
Isola di Sant'Andrea (ph. Pro Loco Gallipoli) |
I conigli dell’isola di Sant’Andrea pare siano stati
introdotti dai pescatori che vivevano qui fino agli anni ’60. Ancora ne
resistono, si sono adattati a mangiare quel poco che trovano e a bere acqua di
sorgente resa salmastra. Ogni tanto
qualcuno si vede correre spaventato da noi, una quarantina di disgraziati che camminano
sulla loro isola.
Fino al faro siamo arrivati, tristanzuolo, pezzi di cancello
appoggiati a terra, qualche maceria qua e là. E dietro, due enormi piattafome
che ospitavano i cannoni durante l’ultima guerra. Allora c’era un presidio della marina che
aveva il compito di individuare i sottomarini diretti a Taranto. Allora, quando
qualcuno era convinto di vincere la guerra contro il mondo intero.
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