…A metà anno ce
l'avevano fatta in 1.622. Ma in lista d'attesa, e chissà da quando e per quanto
tempo, c'erano 6.507 pazienti. Che crescono di 2mila di anno in anno. Italiani
in attesa di un trapianto di rene, e che invece continuano a sopportare il
calvario della dialisi. Un dramma per i pazienti, ma anche un danno economico
per il Servizio sanitario nazionale e dunque per le casse pubbliche. Perché col
trapianto di rene, a conti fatti, risparmierebbero tutti (soprattutto i
pazienti, sia chiaro): il costo sarebbe infatti inferiore del 29% rispetto al
trattamento con la dialisi. Il costo medio complessivo di un paziente
trapiantato per il Ssn è di 95.247 euro in un periodo di tre anni, quello per
un paziente non trapiantato è invece di 123.081 euro…
I costi diretti e
indiretti per pazienti e famiglie
Ma secondo l'analisi
del Censis vanno considerati anche i costi i economici e sociali legati alla
condizione clinica dei pazienti trapiantati e di quelli non trapiantati che
rimangono a carico dei pazienti e delle famiglie. A cominciare dai costi
diretti e indiretti. I costi diretti comprendono i ticket per le prestazioni
ambulatoriali, le parcelle per le prestazioni private, il costo dei farmaci e
quelli per l'assistenza personale domiciliare (badante) e per l'aiuto familiare
(colf), il costo dei trasporti per raggiungere studi medici, ospedali e
ambulatori. I costi indiretti riguardano invece il tempo impiegato per
sottoporsi a visite, esami, terapie mediche e ricoveri ospedalieri, compreso il
tempo impiegato dai familiari del paziente per accompagnarlo e assisterlo. Nel
confronto ancora una volta risulta più vantaggioso il trapianto di rene. I
pazienti trapiantati, anche se hanno una serie di limitazioni nella loro vita
che si traducono spesso in costi indiretti (soprattutto per quanto riguarda la
necessità di sottoporsi a controlli medici frequenti, specie nei primi mesi
successivi al trapianto), devono sostenere costi mediamente inferiori rispetto
a quelli affrontati dai pazienti non trapiantati. Questi ultimi, infatti, sono
costretti a utilizzare un gran numero di ore della settimana (potenzialmente
produttive) per sottoporsi alla dialisi.
I costi sociali
Per non dire dei costi
sociali. La differenza, infatti, addirittura aumenta ancora se si considerano
anche i costi economici e sociali a carico dei pazienti nel periodo di tre anni
osservato dalla ricerca. Si tratta complessivamente di 118.028 euro per i
trapiantati (95.247 a carico del Ssn e 22.781 a carico dei pazienti e dei loro
familiari) e di 165.886 euro per i non trapiantati (rispettivamente 123.081
euro per il Ssn e 42.805 euro per i pazienti e i loro familiari).
(fonte : sole
24 ore).
Quello sopra è l’estratto di un articolo de Il Sole 24 ore,
evidenzia come i costi per le dialisi siano molto più alti di quelli dei
trapianti.
Rimanendo ai costi diretti, senza considerare quelli
indiretti, il disagio psicologico del dializzato che si trova possibilitato si
a spostarsi ovunque, ma non senza aver programmato e pianificato per tempo gli
spostamenti ecc.
La dialisi può infatti essere devastante, e comunque, al di
là del “vedrai che ti abitui” detto in coro da amici e persone che ci vogliono
bene, più si va avanti, più si rischia di cadere in depressione perché non ci
si abitua a 6 buchi nelle braccia ogni settimana (312 buchi l’anno), al dover
trattenersi dal bere quando si ha sete, al mangiare pochissima frutta perché
contiene il maledetto potassio. Non ci si abitua facilmente a considerare i
giorni pari “di dialisi” e quelli dispari non liberi, ma “in attesa della
dialisi di domani”.
Ma torniamo ai costi vivi per il servizio sanitario
nazionale.
Come si evince dall’articolo un dializzato costa (senza i
costi sociali) 123.081 euro per tre anni (41.027/anno), mentre un trapiantato
costa 95.247 (31.749/anno) di soli costi
diretti per il SSN. Praticamente 9.278 €/anno per ogni paziente dializzato in
più del trapiantato.
A fronte di questi dati sarebbe sicuramente più conveniente
da un punto di vista etico, morale, sanitario e di costi vivi, agevolare il
percorso del dializzato verso il trapianto.
Per arrivare ad essere messi in lista d’attesa per un trapianto
occorre sottoporsi ad una serie infinita di esami. Dalle radiografie di ogni
parte del corpo, a elettrocardiogrammi , colonscopie e via dicendo, per un
totale di 30 accertamenti. Percorso giusto in quanto il ricevente deve avere tutte
le caratteristiche per accogliere un organo che in nessun caso deve essere
sprecato. Della carenza di donazioni parleremo in un secondo tempo.
Tuttavia con una sorta di sadismo, il Servizio sanitario,
parlo per la Regione Puglia dove sto sperimentandone l’inverosimile vero,
prenota gli accertamenti con il CUP e con i suoi tempi biblici. Nel mio caso
specifico dovrò aspettare agosto 2019 per una colonscopia (altri esami sono
previsti da settembre 2018 a luglio 2019).
Il sadismo sta nel voler fare rosolare il paziente a fuoco
lento sulla graticola dell’attesa, quasi in spregio alla sua condizione di
paziente. Passati i 60 anni, come sappiamo, le aspettative di vita sono
decisamente più basse, rubare anni (non
mesi o giorni) perché il servizio sanitario è allo sfascio è un reato purtroppo
non punibile.
Ed è sadismo perché il SSN volutamente e caparbiamente getta
via 9.278 € annui dei contribuenti tutti per ogni dializzato potenzialmente
trapiantabile. Non scordiamo che il numero dei dializzati in Italia tocca o
supera le 50.000 unità. Se solo il 10% avesse accesso al trapianto il SSN
risparmierebbe 46.390.000 euro. A fronte di questi infelici dati ci si mobilita
cercando luoghi dove c’è attesa minore, per far risparmiare il servizio
sanitario, certo, soprattutto nella ricerca di una qualità di vita dignitosa,
che valga la pena di essere vissuta.
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