Come si evince dal disegno e dall’articolo su corriere.it,
nel 2100, secondo la ricostruzione del
disegnatore Martin Vargic, alias, Jay Simons, l’Italia sarà parzialmente
inondata dal mare. La causa sarà il riscaldamento globale del pianeta che fa
sciogliere i ghiacciai ed aumentare il livello dei mari.
Secondo questa ricostruzione Lecce sparirà sotto il mare
con Nardò e parte del Salento. Rimarrà fuori il capo di Leuca che diventerà
isola.
Detto per inciso, invito gli abitanti di Alessandria ad
attrezzarsi, pare infatti che la città sarà meta di turismo balneare. Anche
Solero, a occhio e croce, diventerà spiaggia lambita dal mare.
Ma torniamo al Salento. Da tempo
sostengo che Lecce ed il Salento leccese hanno le caratteristiche di isola.
L’Italia attuale, quella pre alluvione per intenderci, è lunga e stretta, se si
parte dall’estremo nord si può passare in ogni città per raggiungere il capo di
Leuca. Si può passare da Firenze, Venezia, Bologna, Roma e via dicendo, anche
solo per un saluto. E si può passare anche da Brindisi. A Lecce però non si
passa, ci si deve voler venire. Occorre la caparbia determinazione nel volerlo
fare ad ogni costo, esattamente come nelle isole. Da questo punto di vista il
Salento leccese può essere considerato isola. Dell’isola ha molti paralleli:
accoglienza, curiosità nel voler capire e sapere, profonda conoscenza e
rispetto della sua storia, il sentirsi “altro”, né superiore né inferore,
semplicemente “altro”. A volte questo sentirsi altro provoca distacco, ma non è
il sentimento prevalente. C’è molta ammirazione (spesso mal riposta) per quanto
esiste oltre l’oltre, oltre i confin idell’isola. Tuttavia amministratori arrembanti
contribuiscono non poco a far sì che questa terra venga deprezzata.
Cementificano ovunque, qualcuno vuole briatorizzare le coste, altri vogliono
far passare tubi di gas nelle spiagge più belle, sono preda di corruzione e via
dicendo. Ci sono anche amministratori illuminati però, e non sono pochi.
E nell’isola arrivano i turisti,
Briatore ha colonizzato un pezzo di Sardegna, vuole farlo con un pezzo di
Salento e portarsi appresso quelli che fingono di ballare la pizzica nelle
piazze (ah i sabaudi invasori) e si muovono esattamente come in qualunque
discoteca del regno, pardon, della Repubblica. Ignari della storia delle
tabacchine e delle tarantate, ignari della storia tout court. Ballano felici e
ridenti sulle parole tristi di Kalinifta quando dice:
Le stelle da lassù mi guardano
e con la luna bisbigliano di nascosto
e ridono e mi dicono: "al vento
butti le canzoni, sono perdute".
e con la luna bisbigliano di nascosto
e ridono e mi dicono: "al vento
butti le canzoni, sono perdute".
Buonanotte! Ti lascio e fuggo
via
dormi tu che io sono partito triste
ma ovunque io andrò, vagherò, starò,
nel cuore sempre te io porterò.
dormi tu che io sono partito triste
ma ovunque io andrò, vagherò, starò,
nel cuore sempre te io porterò.
Ricordo una volta in Sardegna,
stavo per imbarcarmi sul traghetto verso Genova ed un conoscente mi disse:
“stai andando in Italia?”. Altro da sé, verrebbe da pensare. Le isole sono
territori competamente circondati dal mare, poi ci sono persone che sono isole
vere e proprie, soli, circondati dalle loro vite, dalle loro solitudini.
Sono isole quelli che camminano
guardando lo smartphone, isolati nella
loro solitudine nascosta da finti rapporti con il mondo intero. Interconnessi
sempre, il problema è : con chi? Anche loro, se li vuoi contattare, devi
conquistarli, come il Salento, accanto a loro forse passi, ma non entri in
contatto neppure con uno sguardo, non ne hanno il tempo e la voglia, loro debbono
“comunicare”. E vale per giovani e meno giovani, pare una follia collettiva.
Il salentino invece no, ti
aspetta con ansia, poi magari bestemmia per il caos, ma questo è altro
discorso. Lui sa che chi arriva spesso vuole conquistare, più spesso vuole
imparare, capire, sapere, curiosare fra gli ulivi e il profumo di finocchio
selvatico. E vuole lasciarsi andare in un mare che parla, come si fa nelle
isole.
Le isole, come il Salento, hanno
il fascino dell’essere fuori dal mondo, ce ne accorgiamo camminando fra palazzi
baronali e chiese barocche, quando i turisti non affollano le strade, e sentiamo
i silenzi dei paesi e delle campagne, isole dove falchetti volano alti e dove
trovi mare e terra arsa e rossa, o il contadino con l’Apecar che vende prodotti
coltivati nel suo orto. Isole sono gli artisti che volevano cambiare il mondo e
trovano qui, in fondo al tacco d’Italia, nel finibus terrae, una ragione di
vita fra poesie e dipinti. E la luce che pervade e invade, si insinua fra case
cadenti e palazzi baronali disabitati e illumina Sant’Oronzo sulla sua colonna.
Isole a altre isole.
Isole sono i selfisti, quelli che
si fotografano da soli isolati nel loro sorriso “un po’ così”, che subito dopo
l’autoscatto sparisce per lasciare spazio solo ad un muso tristanzuolo e solo, “un
po’ così”.
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