Evoca
una casa con persiane socchiuse, penombra, finestre aperte per consentire ad un
refolo d’aria di passare. Evoca ricordi d’infanzia, quando il sonno non voleva
arrivare e si stava ad ascoltare i rumori del silenzio del primo pomeriggio. Controra
si chiama a Napoli, parola stupenda. De Crescenzo ne fa la rappresentazione
migliore fra quelle trovate, scrive in Così parlò Bellavista: Sono le tre di un pomeriggio d’estate. Il
sole è impietoso. L’ombra non esiste o forse è solo un’illusione ottica, dal
momento che non provo alcun sollievo nemmeno a restare seduto sotto un
ombrellone degli chalet a Mergellina. A Napoli si chiama ‘controra’. Il termine
sta a indicare che si tratta di un’ora contraria, cioè di un’ora che dovrebbe
essere vissuta come un’ora della notte: a letto e nel buio di una stanza.
L’orario unico è stato inventato nei paesi senza sole…
Nella controra si attorcigliano
ricordi e pensieri, la situazione politica si batte a duello con l’insalata di
riso e l’anguria. Le facce dei lettori del TG sono state spente e loro, i
pensieri, rimangono soli, la penombra e
il refolo d’aria neppure troppo fresca.
E nella penombra arriva Cyrano e
il suo amore folle per Rossana, il poeta dal naso adunco, lo spadaccino
innamorato e anarchico. E il vino bevuto una sera davanti alle onde, e lo
scintillio del mare alto in barca, con il sole che iniziava la sua discesa e
illuminava una scia d’acqua che si muoveva incessante, fiera, possente,
leggera.
La controra aiuta i pensieri e i
ricordi, un flash, un ricordo: la coppia di anziani che camminava ogni sera
verso il sole al tramonto, ogni sera a scrutare se di là arrivava qualcuno,
parlando fra loro di una vita ultracinquantennale vissuta nel bene e nel male assieme.
E
ancora si pensa ai turisti che camminano nella controra, sudaticci, a volte
tatuati in modo osceno, quasi sempre sorridenti anche sotto il sole più
impetuoso, Lecce è bella, vale la pena anche camminare nell’afa.
Sono i momenti in cui i pensieri
sembrano quelle palle pazze che rimbalzano ovunque senza un apparente senso.
Così arriva il ricordo di un bacio rubato e un padre che ci sorprese. Eravamo
giovani però, prima della patente, un migliaio d’anni fa. Noi nascosti dietro
un provvidenziale angolo in un vicolo cieco, il padre, che mai usciva dopo le
21, quella sera decise di fare quattro passi. L’inizio di un amore naufragato
così.
Strana la mente umana, piena di
cassettini chiusi che ogni tanto si schiudono per lasciar uscire un ricordo che
pareva scordato.
E fra un bacio, la pasta con le
cozze e un bicchiere di vino nella memoria arriva prorompente anche Guevara De
La Cerna, il rivoluzionario diventato mito perché morto esageratamente giovane.
Non aveva intuito che la storia sarebbe andata diversamente di come immaginava,
i fuochi si spensero uno ad uno, A vincere fu il braccio armato dell’iniquità.
Intanto il mare là fuori, a pochi
chilometri dalle mie persiane chiuse, prosegue a muoversi e raccontare le sue
storie. La signora che gettava fiori in mare un pomeriggio d’inverno,
ricordando chissà chi, i ragazzi che si rosolano al sole come hamburger, la signora con il seno prorompente e
irruente, il caffè in ghiaccio al chiosco e birre bevute di prima mattina.
Poi arriva un sonno lieve, breve,
poi le ore passano, l’ora contro diventa ora tarda e il tempo rinfresca, lo
scirocco diventa tramontana. Si aprono le persiane, ci si fa baciare dalla
luce. “Caffè?” “Perché no?”
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