Lui
si chiama Bachisio Angius.
Non è un ragazzo, ha 27 anni, quindi si può
chiamare adulto. Bachisio è figlio di un carabiniere a riposo.
Improvvisamente
è balzato agli onori della cronaca, vive in Sardegna, a Sassari, all’uscita di
una discoteca ha pensato bene di pestare a sangue un ragazzo come lui, di
minacciarlo di morte. La vittima ha problemi cognitivi.
Bachisio,
tronfio e pieno di sé, ha pensato bene di farsi filmare mentre pesta il suo
coetaneo e di postare il tutto sui social (evitiamo di mettere i link relativi
per rispetto della vittima). Qualcuno filma, come si fa
nelle TV. Poi mette in rete.
Scoppia il caso, il Bachisio il giorno dopo aver suscitato indignazione, mette
un commento su facebook in cui dice papale papale: «Come
pubblicamente è stato il male, sarà anche il bene, perciò chiedo umilmente
scusa al ragazzo a cui ho fatto del male. Ma, sottolineo, quello che è stato
picchiato non è un invalido». E non mancano i commenti, d’altra parte se
qualcuno filma un pestaggio ridacchiando si sente anche in dovere di condividere
e commentare con frasi del tipo: «Io appena ho visto il video ho pensato che una
ragione ci doveva pur essere». E ancora: «Grande Bachisio, a quello hai ricordato che
in giro il più forte non esiste più». Drammatico, se uno viene pestato a sangue se l'è cercata.
Bachisio
è un uomo, e uomini (e pare anche una ragazza almeno) sono i criminali che hanno filmato senza muovere un dito, e
uomini sono i commentatori.
Ci si stupisce, non comprendiamo perché possano
succedere cose che neppure nei film dell’orrore che hanno, quanto meno, la virtù
di essere finzione. Ci si stupisce ma egualmente non si trovano parole per
dirlo. Non riusciamo a capire il razzismo che fa accoltellare un uomo perché nero,
non riusciamo a comprendere i criminali come Bachisio che vogliono notorietà
sui social per potersi vantare. Lui merita la galera, ma chi ha filmato e messo
in reste meriterebbe, quanto meno, i servizi sociali obbligatori. La giustizia
non deve mai essere vendetta, anzi, deve servire a rieducare. Il bullo nelle
scuole, mi si dice, è spesso visto come una vittima. “lo psicologo ha detto che
ha carenze affettive in famiglia, che i suoi sono separati, che…” ma quelle sono
robe da psicologi che hanno il dovere di capire e studiare i fenomeni, i testimoni hanno invece il dovere etico e
morale di denunciare. Se non lo fanno hanno un nome ben preciso: omertosi. Non
vergogniamoci, i comportamento asociali, delinquenziali, mafiosi, nascono
proprio dal giustificare alcuni comportamenti.
Omertà,
mafia... perché si tirano in ballo queste parolone che servono a indicare
comportamenti altri?
La vittima del pestaggio è stata minacciata di non dire
nulla per evitare ritorsioni. Pare che ai parenti abbia biascicato che si è
fatto male cadendo dalla moto. Vittima, appunto. Esattamente come vittime sono
gli usurati, i taglieggiati, i minacciati che non parlano per il terrore di
ritorsioni contro sé stessi e le loro famiglie. Le radici della mafia stanno
tutte nel comportamento criminale di Bachisio Angius e dei commentatori sui social. E stanno in chi riprende la scena con un telefono per metterla in rete e vantarsene.
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