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martedì 19 luglio 2016

Bachisio Angius, la quintessenza del comportamento asociale

Lui si chiama Bachisio Angius. 
Non è un ragazzo, ha 27 anni, quindi si può chiamare adulto. Bachisio è figlio di un carabiniere a riposo. 
Improvvisamente è balzato agli onori della cronaca, vive in Sardegna, a Sassari, all’uscita di una discoteca ha pensato bene di pestare a sangue un ragazzo come lui, di minacciarlo di morte. La vittima ha problemi cognitivi.
Bachisio, tronfio e pieno di sé, ha pensato bene di farsi filmare mentre pesta il suo coetaneo e di postare il tutto sui social (evitiamo di mettere i link relativi per rispetto della vittima).  Qualcuno filma, come si fa nelle TV. Poi mette in rete. 
Scoppia il caso, il Bachisio il giorno dopo aver suscitato indignazione, mette un commento su facebook in cui dice papale papale:   «Come pubblicamente è stato il male, sarà anche il bene, perciò chiedo umilmente scusa al ragazzo a cui ho fatto del male. Ma, sottolineo, quello che è stato picchiato non è un invalido». E non mancano i commenti, d’altra parte se qualcuno filma un pestaggio ridacchiando si sente anche in dovere di condividere e commentare con frasi del tipo: «Io  appena ho visto il video ho pensato che una ragione ci doveva pur essere». E ancora:  «Grande Bachisio, a quello hai ricordato che in giro il più forte non esiste più». Drammatico, se uno viene pestato a sangue se l'è cercata. 
Bachisio è un uomo, e uomini (e pare anche una ragazza almeno) sono i criminali che hanno filmato senza muovere un dito, e uomini sono i commentatori. 
Ci si stupisce, non comprendiamo perché possano succedere cose che neppure nei film dell’orrore che hanno, quanto meno, la virtù di essere finzione. Ci si stupisce ma egualmente non si trovano parole per dirlo. Non riusciamo a capire il razzismo che fa accoltellare un uomo perché nero, non riusciamo a comprendere i criminali come Bachisio che vogliono notorietà sui social per potersi vantare. Lui merita la galera, ma chi ha filmato e messo in reste meriterebbe, quanto meno, i servizi sociali obbligatori. La giustizia non deve mai essere vendetta, anzi, deve servire a rieducare. Il bullo nelle scuole, mi si dice, è spesso visto come una vittima. “lo psicologo ha detto che ha carenze affettive in famiglia, che i suoi sono separati, che…” ma quelle sono robe da psicologi che hanno il dovere di capire e studiare i fenomeni,  i testimoni hanno invece il dovere etico e morale di denunciare. Se non lo fanno hanno un nome ben preciso: omertosi. Non vergogniamoci, i comportamento asociali, delinquenziali, mafiosi, nascono proprio dal giustificare alcuni comportamenti.

Omertà, mafia... perché si tirano in ballo queste parolone che servono a indicare comportamenti altri? 
La vittima del pestaggio è stata minacciata di non dire nulla per evitare ritorsioni. Pare che ai parenti abbia biascicato che si è fatto male cadendo dalla moto. Vittima, appunto. Esattamente come vittime sono gli usurati, i taglieggiati, i minacciati che non parlano per il terrore di ritorsioni contro sé stessi e le loro famiglie. Le radici della mafia stanno tutte nel comportamento criminale di Bachisio Angius e dei commentatori sui social. E stanno in chi riprende la scena con un telefono per metterla in rete e vantarsene.  

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