Commenti

Non pubblicheremo commenti anonimi.

martedì 3 novembre 2015

Rusciuli, ceci e il giorno dei morti

Pomeriggio d’autunno, si va per campagne a raccogliere rusciuli (corbezzoli), rossi rossi, e rosmarino. Si sentono i silenzi dei campi e il rumore una moto in lontananza. I pensieri corrono per la testa senza un ordine preciso e si sa che è il giorno dei morti. Quando lassù in Piemonte mangiavo i ceci, tradizioni locali, quando andavo al cimitero per poi scordarmene il resto dell’anno perché chi non ha la cultura della vita oltre la vita vede il cimitero come un luogo di pietre con nomi scritti sopra, di ricordi forse, vita nell’aldiqua che si ripropone. Quando incontri un amico camminando per i vialetti fra le lapidi,  dici che quello seppellito lì vicino “parlandone da vivo era proprio un po’ strano”, però poi da morto non se ne parla per il semplice fatto che non ci sta più, o che tutto si perdona. Tutto tranne il mai detto. E forse pensi che ti spiace di non avergli detto che gli volevi bene.
Rusciuli (Corbezzoli) (ph:salentonline.it)

Cose così fra rusciuli e pensieri del cimitero e dei ceci che debbono essere ammollati la sera prima e cotti a lungo finchè diventano morbidi senza spappolarsi. Pasta e ceci e, se non si era troppo piccoli, un bicchiere di vino rosso.  E poi era festa, scuole chiuse il giorno dei morti. E la messa nel cimitero “per ricordare tutti i defunti e rivolgere a Dio una preghiera perché li accolga” diceva il prete clemente. Non c’era proprio l’idea di un giudizio che cacciasse all’inferno i cattivi, dopo la morte tutto si aggiustava. E la festa dei morti fa ricordare anche i morti orgogliosamente e fieramente atei, funerali civili, pochissimi ne ho visti in realtà, un passaggio in chiesa lo si faceva quasi sempre “perché non si sa mai” soprattutto erano i comunisti duri e puri, molti capitolavano all’ultimo istante con una conversione in itinere, benedetta dal prete che nulla chiedeva in cambio, anche quella è pietas in fondo.
“Cuocendo i ceci il rosmarino ci sta!” Così diceva mia madre, e ci metteva pure una crosta di parmigiano che si ammollava, in parte si scioglieva. Un pezzo di cotenna di maiale però ci stava bene pure lei.  I piatti della festa. Festa ei morti.
Pensieri fra campagna e rusciuli e rosmarino profumatissimo.
Finiscono presto le giornate autunnali, arriva un tramonto precoce con i suoi rosa, viola, bianco, scuro. Non finiscono i ricordi lasciando scivolare la strada sotto l’auto con la tua borsa di plastica con rusciuli e rosmarino “perché con i ceci ci sta” ma non solo con i ceci. E ci si lascia alle spalle il mare che non sta fermo mai, con un fiore che avresti voluto gettarci dentro perché è pieno di morti che volevano emigrare. Ma non c’è un fiore, solo un pensiero, i crisantemi stanno nei cimiteri, mica in mare. 
Quel mare che sembra infinito anche se sappiamo che oltre ci sta l’Albania e poco sotto la Grecia.

Un tempo era festa il due novembre, poi qualcuno ha pensato che i morti si ricordano anche andando a scuola o al lavoro. Così finisce la giornata dei morti, così mangiamo rusciuli e usiamo rosmarino preso nelle campagne, spontaneo. Fra i pensieri, il mare, l‘Albania poco oltre e di qui, nell’adiqua del mare, i problemi di sempre. “Mica ti puoi fare carico dei problemi dell’umanità, stai sereno” mi diceva qualcuno, ma come diamine si può stare sereni se pensi che ogni 8 secondi un bimbo muore per denutrizione o morbillo in qualche parte del mondo?  Che in quel mare, dopo le campagne con i rusciuli, stanno arrivando barconi? Utopia, utòpia… 

Nessun commento:

Posta un commento