Pomeriggio d’autunno, si va per campagne a raccogliere
rusciuli (corbezzoli), rossi rossi, e rosmarino. Si sentono i silenzi dei campi
e il rumore una moto in lontananza. I pensieri corrono per la testa senza un
ordine preciso e si sa che è il giorno dei morti. Quando lassù in Piemonte
mangiavo i ceci, tradizioni locali, quando andavo al cimitero per poi
scordarmene il resto dell’anno perché chi non ha la cultura della vita oltre la
vita vede il cimitero come un luogo di pietre con nomi scritti sopra, di
ricordi forse, vita nell’aldiqua che si ripropone. Quando incontri un amico
camminando per i vialetti fra le lapidi, dici che quello seppellito lì vicino
“parlandone da vivo era proprio un po’ strano”, però poi da morto non se ne
parla per il semplice fatto che non ci sta più, o che tutto si perdona. Tutto
tranne il mai detto. E forse pensi che ti spiace di non avergli detto che gli
volevi bene.
Rusciuli (Corbezzoli) (ph:salentonline.it) |
Cose così fra rusciuli e pensieri del cimitero e dei ceci che
debbono essere ammollati la sera prima e cotti a lungo finchè diventano morbidi
senza spappolarsi. Pasta e ceci e, se non si era troppo piccoli, un bicchiere
di vino rosso. E poi era festa, scuole
chiuse il giorno dei morti. E la messa nel cimitero “per ricordare tutti i
defunti e rivolgere a Dio una preghiera perché li accolga” diceva il prete
clemente. Non c’era proprio l’idea di un giudizio che cacciasse all’inferno i
cattivi, dopo la morte tutto si aggiustava. E la festa dei morti fa ricordare
anche i morti orgogliosamente e fieramente atei, funerali civili, pochissimi ne
ho visti in realtà, un passaggio in chiesa lo si faceva quasi sempre “perché
non si sa mai” soprattutto erano i comunisti duri e puri, molti capitolavano
all’ultimo istante con una conversione in itinere, benedetta dal prete che
nulla chiedeva in cambio, anche quella è pietas in fondo.
“Cuocendo i ceci il rosmarino ci sta!” Così diceva mia
madre, e ci metteva pure una crosta di parmigiano che si ammollava, in parte si
scioglieva. Un pezzo di cotenna di maiale però ci stava bene pure lei. I piatti della festa. Festa ei morti.
Pensieri fra campagna e rusciuli e rosmarino profumatissimo.
Finiscono presto le giornate autunnali, arriva un tramonto
precoce con i suoi rosa, viola, bianco, scuro. Non finiscono i ricordi
lasciando scivolare la strada sotto l’auto con la tua borsa di plastica con
rusciuli e rosmarino “perché con i ceci ci sta” ma non solo con i ceci. E ci si
lascia alle spalle il mare che non sta fermo mai, con un fiore che avresti
voluto gettarci dentro perché è pieno di morti che volevano emigrare. Ma non
c’è un fiore, solo un pensiero, i crisantemi stanno nei cimiteri, mica in mare.
Quel mare che sembra infinito anche se sappiamo che oltre ci
sta l’Albania e poco sotto la Grecia.
Un tempo era festa il due novembre, poi qualcuno ha pensato
che i morti si ricordano anche andando a scuola o al lavoro. Così finisce la
giornata dei morti, così mangiamo rusciuli e usiamo rosmarino preso nelle
campagne, spontaneo. Fra i pensieri, il mare, l‘Albania poco oltre e di qui,
nell’adiqua del mare, i problemi di sempre. “Mica ti puoi fare carico dei
problemi dell’umanità, stai sereno” mi diceva qualcuno, ma come diamine si può
stare sereni se pensi che ogni 8 secondi un bimbo muore per denutrizione o
morbillo in qualche parte del mondo? Che
in quel mare, dopo le campagne con i rusciuli, stanno arrivando barconi? Utopia,
utòpia…
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