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sabato 10 novembre 2012

Inno di Mameli a scuola?


 Niente da dire sui contenuti, ma molto da ridire sul metodo. È una visione ottocentesca. Il fatto che il Parlamento si occupi dei contenuti dell’insegnamento è anacronistico e sbagliato. Non compete a Camera e Senato dire cosa bisogna studiare a scuola, piuttosto dare indirizzi strategici”- queste le parole del presidente dell’Associazione nazionale dei presidi, Giorgio Rembado.
E così lo studio dell’inno di Mameli dovrà essere insegnato obbligatoriamente nelle scuole italiche. Bella trovatona veramente. Non per dare ragione ai trogloditi della lega che avrebbero voluto magari inserire la padania come regione, però sembra veramente pleonastico, anacronistico e al limite della mancanza di conoscenza dei confini della politica il voler imporre i brani da far studiare.
La legge imposta dai signori del Senato aveva uno spirito nobile, si trattava dell’isitituzione, il 17 marzo, “Giornata dell’Unità, della Costituzione, dell’Inno e della Bandiera”, fin qui nulla da dire, anzi, riprendere in mano la Costituzione misconosciuta anche da troppi parlamentari, è cosa saggia, come è saggio difenderla ogni giorno, si difende qualcosa che si conosce. La nobiltà però è diventata tout court ignobile con l’imposizione dello studio dell’inno nazionale che, per dirla tutta, non è neppure così bello. Andando avanti così va a finire che un docente di italiano si troverà in classe Calderoli con la lista degli autori da insegnare e quelli da mettere all'indice, o uno di matematica si troverà Bossi… E saranno affaracci suoi.



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