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lunedì 18 gennaio 2021

Profumi e ricordi

 



"Limbico”, così si chiama il sistema che regola la memoria olfattiva. Preferisco però chiamarlo più poeticamente Sindrome di Proust. Nella Ricerca del tempo perduto, il profumo di una madeleine lo riporta all’antico, a ricordare, a navigare con la memoria.

 Leggo (cito un articolo su neocogita) che Uno studio della Rockefeller University di New York ha dimostrato che le persone possono ricordare il 35% di quanto annusano, rispetto al 5% di ciò che vedono, al 2% di ciò che sentono e all’1% di quello che toccano.

 Inoltre “…Lo studio confermerebbe, quindi, che il senso dell'olfatto ha una grande importanza nei nostri ricordi e nella loro rievocazione. Profumi e odori sarebbero tra i ricordi più duraturi e capaci di "coordinare" anche altre memorie…” (FOCUS)

 Profumi che senti a improvvisamente ricordi, nessun computer al mondo è facondo come la mente umana. Antichi momenti, sensazioni, emozioni che sembravano nascosti in cassetti della memoria, improvvisi si ripropongono come deja vu . Parlavo una volta del profumo dei mandarini appena raccolti che mi riproposero altri mandarini in altri momenti, prima dell’avvento delle filiere dall’albero al frigorifero al camion refrigerato e giungono a nord deprivati della loro essenza più intima, quel profumo che solo appena raccolti senti, che penetra, inonda, avvolge. Risentire quel profumo che sa di Salento ed essere proiettato nei pomeriggi piemontesi passati a guardar scendere neve fitta, sparpaglioni grandi, leggeri. E poi il gelo della notte, la brina della mattina, i vetri ghiacciati, la scuola in grembiule nero e fiocco azzurro, la cartella che passava dal fratello maggiore al più piccolo.

Attimi, flash.

Profumi delicati di fiori in primavera, che irrompono tristi in novembre, quando appartenevano ai cimiteri che si visitavano. Prima di farne luoghi che non visito più, neppure nei giorni dedicati ai morti, perché i ricordi sono dentro di te, solo lì.

Altri profumi, altri ricordi. Odore di pulito quando qualcuno aveva passato la cera e in estate c’era penombra nelle camere e mi aggiravo in silenzio per sentire il piacere, per odorare, quasi fosse una droga. E da sotto mia madre che diceva di scendere e non sporcare altrimenti erano sberle (per altro mai arrivate nonostante ripetute minacce, da allora capivi che si potevano violare alcuni ordini, solo con cautela però). E poi altri profumi, la vita scorre, quello di fumo di sigarette, del bar sport durante partite a scopone o nel mezzo di animate conversazioni. Politica, donne e calcio. E il profumo del caffè di Giuseppe in sottofondo.

E ancora, la vita prosegue, l’inchiostro del ciclostile, la colla per manifesti  affissi di corsa, la notte. Profumi di voglia di un mondo diverso, più equo. Sogni che si scontravano con un settarismo un po’ becero che tuttavia fa parte ancora oggi dell’attualità.

Intanto, fra una riunione, un corteo, uno sciopero “operai studenti uniti nella lotta” ma con pochissimi operai e molti studenti, in casa, rientrando, altri profumi rassicuravano: il ragù della mamma. Inebriante. Allora non sapevo che non era solo mangiare per sopravvivere, ma che mi avrebbe accompagnato fino ai 70 anni, che improvviso, imprevisto, impudico, si sarebbe ripresentato un giorno di gennaio, mentre fuori una tramontana gelida tagliava i pensieri e congelava le mani.

Profumi… Odori… sensazioni… emozioni… Turbinii di sguardi al passato e al futuro (che ormai è oggi) da bere a piccoli sorsi.


 Corrispondenze

 La Natura è un tempio dove colonne vive

lasciano a volte uscire confuse parole;

l’uomo vi passa attraverso foreste di simboli

che l’osservano con sguardi familiari.

Come echi lunghi che da lontano si fondono

in una tenebrosa e profonda unità

vasta quanto la notte e quanto la luce,

i profumi, i colori e i suoni si rispondono.

 Ci sono profumi freschi come carni infantili,

dolci come oboi, verdi come praterie

– e altri corrotti, ricchi e trionfanti,

che hanno l’espansione delle cose infinite,

come l’ambra, il muschio, il benzoino e l’incenso

che cantano gli abbandoni dello spirito e dei sensi.

(C. Boudelaire)