Italia decisamente unita,
dal profondo a sud al produttivo nord. Non è solo bellezza, non solo arte,
spesso, troppo spesso ahinoi, si tratta anche di malaffare.
Schivi alla raccolta di pomodori |
Leggo su La Stampa del 18 settembre che i carabinieri della
compagnia di Alba hanno scovato un cascinale pieno di lavoratori stranieri
utilizzati per la vendemmia. Ovviamente la storia è di caporali e lavoro nero.
Il cancro del nuovo secolo salda definitivamente Foggia, Nardò, la Sicilia, l’Emilia
e su su fino all'estremo nord del Piemonte.
Quella che si credeva una
prerogativa delle province meridionali è estesa all'Italia intera.
Evidentemente il facile
guadagno alletta! E se per ottenerlo occorre varcare la soglia e diventare, nei
fatti, complici (o schiavi?) delle nuove e vecchie mafie, non si esita, a Cuneo
come a Palermo o a Nardò.
Quando poi esiste, come
evidenziato anche nelle dolci colline di Langa, uno sfruttamento vile,
criminale, delle persone, degli immigrati, allora cadono tutti i confini di
decenza, si annullano i diritti, cadono in parole povere, gli stessi principi
di democrazia.
Negli anni passati, in
particolare dagli ’80, le mafie si sono insediate a nord, prima portando
attività apparentemente “pulite”, poi espandendo i loro raggi di azione fino a
diventare dominanti. Emblematica l’infiltrazione nella rossa Emilia. Lì
arrivarono alcune imprese che si occupavano di movimento terra, escavatori e
camion. Proponevano costi decisamente competitivi per i loro servizi, qualcuno
approfittava di questi prezzi, spesso in buona fede «forse non hanno lavoro a
sud e provano a spostarsi da noi» dicevano. Fu l’inizio della fine, troppo
tardi ci si accorse di quel che accadeva, è stato necessario arrivare a notare
come queste “famiglie” occupassero piano piano fette sempre più consistenti di
società. Di come arrivassero a infiltrare consigli comunali per avere appalti e
permessi di costruzione, di come l’usura, i prestiti a strozzo, lo spaccio,
iper e supermercati, sale gioco e via dicendo. Di come diventassero endemici e
gestiti saldamente da chi, ormai imprenditore con un potere economico e
capacità di “convincere” fuori dal comune dominava l’economia. E sono
personaggi che non portano coppola e lupara, anzi, hanno i figli alla Bocconi
perché parliamo di mafia imprenditrice e di spostamenti di capitali immensi.
E’ successo in Emilia, in
Liguria, in Lombardia, in Piemonte. La prima amministrazione comunale
commissariata a nord fu quella di Bardonecchia. E’ buona cosa non dimenticare.
Tutto ebbe inizio negli anni ’60, quando una scellerata legge istituì il
soggiorno obbligato per mafiosi in località del nord. Non tenne conto, il
legislatore, delle possibili conseguenze. Rocco Lo Presti, calabrese morto poi
nel 2009, venne inviato a Bardonecchia. Non passò molto tempo che si impadronì
letteralmente della città. Nel 1995 Bardonecchia era nelle sue mani: violenza,
affari, cementificazione criminale, usura. E poi festeggiamenti a champagne.
Lo Presti aveva attività
svariate: Autotrasporto, commercio, bar, ristoranti, sale gioco. Fece
trasferire a nord decine di calabresi in odore di ‘ndrangheta. Già all’epoca si
parlava di racket della braccia gestito dallo stesso Lo Presti.
Mario Ceretto,
imprenditore locale, si rifiutò di assumere il personale imposto, nel 1975
venne rapito e ammazzato. E’ solo una storia, forse la più nota, altre si
stanno conoscendo, altre non si conosceranno forse mai. In particolare quelle
sulla polverizzazione di piccoli imprenditori (spesso poco acculturati) che
fanno da mano d’opera per organizzazioni più strutturate. Magari fanno la spola
fra Alessandria o Asti a Milano o Torino per prendere ordini. Magari gestiscono
piccole “innocue” attività come sale gioco, mini società finanziarie che non si
sa bene quali quattrini facciano girare. Magari organizzano lo spaccio
conducendo una vita normale. E fanno vite all'apparenza normali, senza boatos,
senza apparire troppo. Magari le loro mogli gestiscono negozietti di vicinato.
Così si inizia, così si
prosegue. Il campanello d’allarme del nuovo schiavismo è nei fatti qualcosa di
molto più strutturato e può diventare endemico se non stroncato con leggi e
indagini ad hoc. Il problema sono i silenzi (omertà?) di chi sa e non denuncia,
sia pure in forma riservata ed anonima, dire “non sono fatti miei” equivale al
“nulla sacciu, nulla vidi”. Se poi aggiungiamo che chi sfrutta i lavoratori nei
campi quando parla al bar Sport o vota preferisce un partito anti immigrati la
misura è colma.
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