Un intero anno convissuto con il COVID, con la pandemia, con
l’apparente follia di “tutto aperto” “tutto chiuso” “forse metà aperto”. Un
anno passato a mesi alterni a bere un caffè sul marciapiedi in bicchierini di
plastica incrementando a dismisura la raccolta rifiuti, o in comode tazzine al
banco del bar quasi si stesse vivendo un privilegio (solo fino alle 18 però, poi
coprifuoco), e poi scuole aperte, scuole chiuse, scuole mezze aperte, scuole
“chi vuole stia a casa chi non vuole vada in classe”. Un baillamme quasi
incomprensibile.
E poi virologi in quantità, tutti a dare notizie in TV,
spesso contraddittorie fra loro. E il web con una miriade di teste diverse:
impauriti, demoralizzati, preoccupati, negazionisti che “il coviddi non
esiste”, idioti che “vaccinatevi voi”, infermiere che non si vaccinano perché
non ci credono e alla buon’ora una regione, la Puglia, che impone obbligo
vaccinale per gli operatori della sanità. “Se non vogliono vaccinarsi facciano
un altro mestiere” dice l’assessore, bontà sua.
E ancora ristoranti chiusi la sera e aperti a pranzo, e zone
colorate in arancione che come diventano gialle pensano bene di assieparsi come
a Pasquetta e dopo due giorni il covid si impenna quasi per magia, ma i
negazionisti continuano imperterriti a dimostrare un preoccupante aumento di
cretinismo.
E il ricordo di camion militari carichi di bare.
E poi le mascherine che subito sono diventate fashion. Da
umili azzurrine o bianche si sono tramutate in eleganti orpelli con strass,
colorate, disegnate. Ho visto un tizio con abbigliamento tipico degli assicuratori
e agenti immobiliari: abito scuro, camicia, cravatta e borsa in pelle o cuoio,
con mascherina in tinta con la cravatta. Insomma, si fa di necessità virtù.
In tutto questo, partendo dai balconi con gli arcobaleni con
su scritto che andrà tutto bene, arrivando alla spossatezza di un anno bizzarro,
sono aumentati i suicidi. Un anno è lungo da un articolo
su primocanale.it si evince che fra tentati e riusciti suicidi fra i giovani e
giovanissimi l’aumento è stato del 30%. E in importante aumento sono anche
quelli, tentati e riusciti, fra gli adulti. L’impennata è dovuta a molteplici
cause. Intanto l’isolamento forzato in casa soprattutto nel primo momento, poi
la mancanza socializzazione dei ragazzi con le scuole chiuse, la didattica a
distanza non basta da sola a colmare vuoti relazionali, serve forse per
imparare, per studiare in qualche modo, però mancano gli sguardi, le pacche,
gli scherzi, il parlare fra coetanei. Per gli adulti i fattori di rischio sono
decisamente maggiori: il terrore per un nemico invisibile che può insinuarsi in
ascensore, sul corrimano della scala, per uno sternuto in strada. L’ossessione
per una vita fatta di mani lavate e rilavate, mascherine forse riutilizzabili,
forse no. E poi la situazione economica con negozi chiusi o che lavorano a
metà, commesse e camerieri e cameriere di bar lasciati a casa “perché non ci
sono clienti”. Mancati incassi, mancate vendite, piccole e medie industrie che
hanno visto crollare le ordinazioni e datori di lavoro, imprenditori che hanno
visto aumentare la situazione debitoria senza poter fare nulla. Il blocco delle
tasse è un momento di respiro, però è un debito che si cumula e che, prima o
dopo, occorrerà pagare. A fronte di tutto ciò la depressione prende il
sopravvento, e qualcuno non regge. In troppi non reggono. I cartelli “affittasi
negozio” aumentano vertiginosamente e, a quanto è dato sapere, gli affitti
rimangono esorbitanti.
Un anno è lungo anche per chi ha una vita, tutto sommato,
normale. Per il pensionato che si preoccupa con cautela per i figli, per
esempio. Quando la tua vita sociale si annulla, non ci sono cinema aperti, la
fuga dalla routine in pizzeria una sera è solo un sogno d’altri tempi. Abolite
le presentazioni di libri e i momenti di discussione pubblici, dove magari ci
si incazzava un po’, ma alla fine erano tarallucci, vino e due risate.
L’incontro al bar con l’amico che sentivi per telefono, un aperitivo seduti al
tavolino. Una vita tranquilla cassata di colpo da miriadi di DPCM. Così alla
fine ti ritrovi impigrito, grigio, stanco. Si esce con la mascherina, se si
incontra qualcuno che si conosce non ci si dà la mano perché non è igienico (il
meno intelligente parlò di tornare al saluto romano), si sta a distanza di
sicurezza anche con la mascherina.
Insomma lo scoramento è molto anche per i più ottimisti,
vedere in un solo anno mutate le abitudini e le consuetudini senza riuscire a
intravedere una via d’uscita da tutto ciò può portare scoramento, apatia.
Per questo occorre credere fermamente nel vaccino, non
foss’altro per avere un briciolo di speranza e immaginare una vita, quanto
meno, normale.
E per ridare speranza a quegli anziani soli, e non sono
pochi, che magari già prima uscivano poco, ma non erano obbligati a stare in
casa. La differenza non è poca.
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