Commenti

Non pubblicheremo commenti anonimi.

lunedì 21 dicembre 2020

"il mondo salvato dai ragazzini" sia realtà

 

Pensieri pubblicati su Spagine.it il 4 dicembre scorso .

 

Ascoltavo Il violinista sul tetto magistralmente cantata da Roberto Vecchioni e Teresa De Sio dopo aver letto Tornare alla poesia civile  di Mauro Marino. E’  stato un continuum di pensieri e riflessioni. Vecchioni ha accompagnato miei tempi apparentemente lontani, ma si sa, negli anziani il passato è poco più dell’oggi. Un po’ triste, un po’ “professore”, aveva lo spudorato vizio di dire le cose che io pensavo. Ovviamente era solo un pensiero trasversale a generazioni simili, con simili esperienze, sogni, speranze, disillusioni e delusioni cocenti.

Con Mauro invece la storia è diversa, prima di precipitare in Salento dal brumoso nord non lo conoscevo proprio, con il tempo e con una frequentazione neppure troppo intensa è stato per me maestro insostituibile. Mi ha insegnato, a sua insaputa forse, uno sguardo meno sospettoso sulla poesia e sui poeti, mi ha fatto conoscere la pacata serenità di pensiero, pur in una  coerenza spinta oltre l’oltre, come si conviene alle persone per bene e sicure del proprio pensiero e dei propri dubbi.

Insomma, a modo loro due persone, due artisti (poeti) che mi hanno accompagnato in persorsi di ri/conoscenza, pur non essendo riusciti a dirimere dubbi e disilluse storie personali, sociali, politiche. Dove il personale e il politico, come si diceva un tempo lontano, sono fusi. Coerenza anche questa? Forse, o forse solo confusione.

In periodo di pandemia poi certi pensieri avvolgono e la vita dietro le mascherine è, se possibile, ancora più nuda. In fretta abbiamo imparato a camminare per strada riconoscendo l’altro non per un sorriso, ma per lo sguardo, gli occhi parlano, il resto è celato. Un nuovo modo di leggere i sorrisi nascosti e le ansie celate.

Il fatto è che sento che molti di noi di quel tempo andato in cui il personale era politico e il politico era il tutto, come il tutto era la sicura speranza (ossimoro) che il mondo sarebbe stato migliore e che così com’è non poteva funzionare, si sono trovati dai grandi sogni che erano necessità a fare “i violinisti sul tetto”, dopo una lunga serie di sogni rivoluzionari, di cambiamento del mondo, ancora si trovano ancorati a quel destino che è:

 

Stare sopra il tetto a sonà il violino,

Dillo a babbo, dillo alle sorelle

Se nessuno sente, sòno per le stelle;

Dillo a babbo, dillo alle sorelle

Sòno per me solo, sòno per le stelle.

 

Eh si, perché pare di essere i soliti rompipalle legati ad un passato remoto quando diciamo che non siamo in grado di comprendere che quei maledetti ventisei miliardi di euro bruciati per spese militari potrebbero essere utilizzati per costruire reparti per combattere il covid o banchi per le scuole, con o senza rotelle poco importa, basta che siano scuole che non cascano al primo alito di vento. Macchè, stiamo su un tetto a suonare il violino e se nessuno sente chi se ne frega “suono per me solo, suono per le stelle”.

No, non siamo in grado di comprendere come mai un governo intero, non certo un solo ministro, forse il più indecente, certo, ma non da solo, possa tenere in mare pochi immigrati rischiando di farli crepare nel cimitero più grande del mondo che è il mare nostrum.

Certo, siamo solo piccoli ed inutili violinisti sul tetto, pieni di nostalgia per quando gli anni erano meno, i capelli erano neri, i pugni erano alzati e pensavamo di fare una rivoluzione che era solo nel desiderio di pochi illusi. Siamo sul tetto e mica possiamo comprendere la politica “alta”, quella che porta al dialogo con pari dignità un ministro e un condannato in via definitiva e con decine di procedimenti in corso.

Per questo leggo Mauro che scrive della necessità (forse per scendere dal tetto?) di

 

Tornare alla poesia civile

se mai ce ne fossimo distaccati.

Se avessimo mai pensato che

la poesia è cosa estranea

alla realtà.

Tornare alla parola politica

allo sprezzo se necessario

al calibro delle parole utili

alla necessità.

Alla carne, al dettato della terra.

Nell’angolo storto del sentire

trovare il giusto ritmo

il respiro per la corsa.

Che sia generosa

nell’accogliere

attenta nel salto

nell’accompagnare il senso

alla certezza della voce.

 

Insomma, Mauro che frusta i violinisti sul tetto, e dice di riprendersi in mano la poesia, e trasformarla da sogno in necessità per cambiare.

Leggo in queste pagine acute riflessioni di Marcello Buttazzo, che critica, guarda e non nasconde stupore per le cose del mondo. Marcello, anche lui poeta capace di suonare il violino sul tetto, ma di scendere a terra quando scrive altro. Sta in mezzo agli accadimenti come Mauro. Ma tutti, forse, abbiamo in comune l’appartenere a quelle persone che veramente non comprendono troppe cose. Neppure la caparbia tenacia, non invidiabile, di chi non ha mai dubbi sul come fare a risolvere ogni cosa. Dal rubinetto che perde alla crisi medioorientale alle beghe di governi locali, alle pandemie.

Quelli che parlano di filosofia con fare deciso e credono di avere una ricetta pronta per tutto. Questi sono violinisti sul tetto peggiori, hanno violini scordati e con corde rotte, e forse neppure sanno leggere lo spartito.

Perché il dubbio è la strada che consente di suonare e fra un’aria e l’altra tentare di guardare sotto, e scoprire, magari, che oltre le stelle sopra, ci stanno due ragazzini che hanno sentito le note e che si fermano ad ascoltare e si siedono in terra, pantaloncini corti, magliette a righe, e , chissà, forse un altro poeta potrà scrivere un giorno che “il mondo salvato dai ragazzini” è una realtà.

Ringrazio Mauro, Roberto e ovviamente l’amico Marcello. Ah, grazie anche a Elsa Morante.

 

 

lunedì 9 novembre 2020

Lock down o confinamento?


Rieccoci in quello che ormai tutti chiamano lock down, ma che ha un corrispettivo italiano chiaro, limpido, semplice: confinamento.
Sul perché si insista a utilizzare termini inglesi tralasciando la lingua italiana che è meravigliosa, frequentata nei secoli da poeti, romanzieri, autori di opere liriche, e via via fino ai cantautori moderni, è mistero fitto.
Abbiamo una lingua talmente bella che emoziona, siamo cittadini “del bel paese là dove 'l sì suona” (Dante Alighieri, Inferno, canto XXXIII, verso 80) , e che il paese dovesse avere l’aggettivo bel è confermato nei versi “il bel paese ch'Appennin parte e 'l mar circonda e l'Alpe” (Petrarca, Canzoniere, CXLVI, versi 13-14).
Bastano queste citazioni per  riappropriarci della lingua italiana, a meno che qualcuno non abbia interesse a confondere le acque perchè   si capisca poco.
Comunque, divagazioni lessicali a parte, risiamo nel confinamento, nel dover stare quieti, chiusi, calmi nella battaglia contro un nemico invisibile e purtroppo imprevedibile, un esserino che ha messo in crisi l’intero pianeta.
ph: http://www.citizenrimini.it/andratuttobene/

Siamo al secondo tempo di una partita che in primavera avevamo subìto con calma, speranza, voglia di uscirne in fretta e, tutto sommato, migliori. Poi lo sfogo estivo, il calare le difese a fronte di inviti, purtroppo solo inviti e non regole ferree da seguire. Mascherine solo per caso, assembramenti come stile di vita e via dicendo. In tutto questo non osservare regole minime si sono infiltrati prepotentemente personaggi equivoci: quelli che “il virus è un’invenzione”, quelli che “la terra è piatta e vogliono creare una dittatura sanitaria”, quelli che “io sono un parlamentare e sono orgogliosamente senza mascherina”, quelli con le giacchette arancioni a sparare menzogne nella pubblica piazza e via dicendo. Personaggi che hanno come unico e solo scopo il voler inquinare le acque e se ne fottono delle persone. Inseguono e perseguono una ipotetica presa del potere e sollevazioni di piazza. Per fortuna e per senso di civiltà nelle manifestazioni erano pochi sempre, spalleggiati dai complici di quelli che furono gli autori materiali di stragi ignobili negli anni 70 e oltre, i figliocci dei fascisti, allevati a aforismi del duce.
Questo secondo confinamento autunnale, tuttavia, ci ha colti stanchi, quasi spossati dal rincorrere difese da un nemico invisibile e subdolo, che attacca ovunque e chiunque, così mettono tristezza i bar chiusi, e i ristoranti, e le persone che incontri per strada, tutti protetti da mascherine che forse servono ma ti rendono irriconoscibile, oltre che appannarti gli occhiali.
Al punto che qualcuno ha ripreso la frase che circolava in primavera correggendola, allora si scriveva "andrà tutto bene" con tanto di arcobaleni disegnati da bambini, questo qualcuno ha aggiunto "però pensavo meglio".
Allo spaesamento purtroppo si aggiungono comportamenti strambi di chi avrebbe il compito di governare. E ormai la comunicazione è fatta di tweet e post su facebook. E’ deprimente (per utilizzare un eufemismo) il dialogo a botte di post, fra il presidente della regione Puglia Emiliano e la ministra della scuola. Uno chiude le scuole, l’altra ribatte che è sbagliato e le fa riaprire. Il TAR di Bari dice che Emiliano ha ragione, quello di Lecce dice che ha torto marcio. E lui che fa? Manda la palla alle famiglie “fate come vi pare, se volete mandate i figli a scuola, se non volete teneteli a casa e chiedete la didattica a distanza”. Mai scelta, pur nell’apparente democraticità, fu peggiore. Un presidente (che si fa chiamare governatore) deve saper governare. E ha il dovere di interfacciarsi, soprattutto in un periodo di pandemia e di confusione generale, con il governo centrale. Dire ai genitori “fate voi” non è democrazia, è come se un sindaco, a fronte di una richiesta specifica dei cittadini sui buchi nelle strade, dicesse “fate come vi pare, chi vuole si asfalti davanti al suo portone, chi non vuole non lo faccia”.
E questo in Puglia, lasciamo stare i luoghi dove governano altri personaggi più sciagurati. Penso alla Lombardia dove si vogliono mandare i malati COVID a saturare e impestare le RSA. Penso al presidente della regione Liguria che dice che gli anziani sono quelli che muoiono di più per la pandemia, ma che, tutto sommato, sono inutili per lo sforzo produttivo del paese. Salvo poi scusarsi dicendo che il tweet l’ha scritto il suo web manager. (che poi si debba pagare un web manager sarebbe tutto da mettere in discussione, se li scriva lui i post ed utilizzi quei soldi per assumere un infermiere).
E che dire del commissario all’emergenza COVID (pagato) della regione Calabria che dice candidamente in una intervista in TV “Posti in terapia intensiva? Non so quanti ce ne siano” e peggiora la situazione quando l’intervistatore gli fa notare che è compito suo saperlo come commissario e lui “Ah si? Non sapevo”.
E poi, intervistato da La Stampa in un articolo titolato giustamente “quando la toppa è peggio del buco” dice papale papale “in quelle dichiarazioni non ero io, forse mi hanno drogato”.
Ecco, in mezzo a tutto questo bailamme ci stiamo noi, le persone che guardano, si informano, leggono, ascoltano. Che tentano di raccapezzarsi e di capire come e da chi sono governate. Quelli che vedono le povertà estreme estremizzarsi ancora di più, gli immigrati trattati come untori anche se cercano solo di sopravvivere, noi che tentiamo di difenderci da una ondata montante di negazionisti del virus e di tuttologi da web che hanno tutte le ricette per salvare il mondo e si confondono con i tweet dei governatori .
Insomma, mala tempora currunt, eppure abbiamo il dovere di resistere con pacatezza, di osservare regole minime di comportamento. E soprattutto abbiamo diritto di capire, questo si.

 

lunedì 2 novembre 2020

Note a piè di pagina (di una settimana intensa)

 

Nota Uno

Oasi Le Cesine, riserva naturale dello Stato, gestito dal WWF.

 Riserva naturale dello Stato

Ultimo tratto superstite delle vaste paludi costiere che un tempo caratterizzavano il litorale da Brindisi ad Otranto. Il paesaggio de Le Cesine è costituito da dune, area palustre, canali di bonifica, bosco misto e macchia mediterranea.L'Oasi si trova all'interno di un Sito d'Importanza Comunitaria (SIC IT9150032) nel Comune di Vernole (Le).E' anche una Zona di Protezione Speciale (ZPS IT9150014).

 L'Oasi, di 380 ettari, è un ambiente umido tra i più conservati e importanti dell'Italia meridionale, ultimo superstite della vasta zona paludosa e boscosa che si estendeva da Brindisi ad Otranto.

 L' Oasi WWF Le Cesine si trova lungo una delle principali rotte migratorie e ospita numerosissimi uccelli acquatici. L'estensione della Riserva naturale Le Cesine è di 380 ettari. (dal sito WWF)



 All’interno del parco ci sono strade percorribili a piedi e in bicicletta, il fine settimana ci sono bimbi con i genitori o i nonni, adulti che corrono, altri in bicicletta. Il transito è ovviamente vietato a qualunque mezzo motorizzato. Si cammina fra il verde, fra cinguettii di animali, farfalle, lucertole anche in questo caldo novembre. Insomma, ci si ricrea un pochettino dal quotidiano, e camminando, si sa,  è bello lasciar correre i pensieri liberi come il volo di quel gabbiano che passa, così capita di essere attratti quasi sensualmente da un albero o di riflettere sul DCPM prossimo venturo, giusto per fare un esempio. Però poi abbassi lo sguardo e ripiombi nella miseria di una parte di genere umano che definire idiota è solo fare un complimento. Quelle mascherine abbandonate a terra (ne ho contate tre sulla strada) e quelle bottigliette sono un vero e proprio scempio per l’intelligenza.

Nota due

A volte pensi che il fondo sia stato toccato, finché arriva un abilissimo scavatore che fa ripiombare l’umanità e la pietas ancora più sotto. Se poi questo losco figuro è un presidente di una regione che io amo moltissimo e si fa chiamare pomposamente “governatore” come i suoi consimili presidenti di altre regioni, allora capisci che la situazione non è grave, è agonizzante.


 

Fingendo di credere al dolore dell’autore di quello scritto (che poi Toti in persona ha detto essere il suo media manager, ma questo nulla cambia alla gravità della cosa visto che la firma è sua) quella frase : “non indispensabili allo     sforzo produttivo” gela ogni buon proposito. Impariamo, ahinoi, che per Toti un anziano è un essere inutile in quanto lo sforzo produttivo non lo riguarda. Se la memoria non mi inganna, qualcuno, tempo fa, disse che erano inutili i rom, gli omosessuali, poi gli ebrei. Chissà, forse è eccessivo questo pensiero, tuttavia viene in automatico. Esattamente come qualche altro politico chiama tout court “clandestini” tutti gli immigrati, donne e neonati compresi. 

Un tempo pensavo alla politica come una nobile arte, quella del buon governo, poi, piano piano, grazie anche a Toti e a quelli come lui, sorge il sospetto che, come recita Jannacci in una sua nota canzone, “… quelli che La politica l’è na roba sporca…” D’altra parte basta guardarsi attorno, alle collusioni fra noti politici e malavita organizzata, a 49 milioni che spariscono nel nulla, a Toti che impunemente e senza chiedere scusa tratta i pensionati come inutili oggetti costosi. Annoto che la Liguria è la seconda regione in Europa più anziana, la prima è un land tedesco.

 Nota tre

Intanto siamo in attesa del prossimo DCPM. Arriverà a breve, non appena il Presidente Conte sarà riuscito a mettere pace fra i 5 grilli che vogliono una cosa, il PD che ne vuole un’altra, Italia Viva che è per la terza via, qualche cane sciolto che vorrebbe altro. Troveranno un’intesa da compromesso e via, tutti felici per tre giorni, fino al prossimo DCPM sul quale stanno probabilmente già litigando. D'altronde  si sa, i renziani si portano avanti con il lavoro. In tutto ciò brilla l’opposizione, Salvini e la Meloni (Berlusconi ormai non conta una cippa) si lamentano perché il governo non li chiama per una collaborazione, Conte li chiama per un tavolo di regia sul COVID e loro, duri e puri dicono “NO” bello grosso, salvo poi rilamentarsi per la mancata collaborazione. D’altronde siamo abituati  dall’inizio della pandemia, il governo dice “chiudiamo” e loro in coro, mimì e cocò, “tutto aperto tutto aperto governo ladro” . Poi passa la prima fase e si riapre e loro in coro “tutto chiuso tutto chiuso governo ladro”. Poi si riapre a metà e loro in coro “Non va bene, dobbiamo chiudere a metà, non aprire a metà”. Salvo poi mandare in piazza i loro lacchè, casa pound e forza nuova a forzare giuste rivendicazioni di commercianti ed esercenti con la violenza. Spalleggiati qua e la da camorra e mafie varie. Difendono i commercianti spaccando loro le vetrine e saccheggiando i negozi.

Ciao Gigi

 Oggi è il giorno dedicato al ricordo dei morti. Ed è lunedi. Oggi è morto un grandissimo del teatro. Buon viaggio Gigi Proietti. Ottant’anni non sono poi così tanti, e soprattutto per gli esseri umani normali, quelli che non si chiamano governatori, ce ne fossero di non indispensabili come te.



lunedì 12 ottobre 2020

Accadde il 12 ottobre...

 




12 ottobre, in Spagna si festeggia la Virgen de Pilar (Nostra Signora del Pilar). Il pilar è un pilastro in alabastro ancora presente nel santuario di Saragoza. Dice la leggenda che la Madonna, apparsa all’apostolo Giacomo nei pressi del fiume Ebro, gli diede in dono un pilastro che doveva servire per edificare una chiesa in suo onore. La Vergine che chiede una chiesa per essere venerata, umanamente parlando si tratterebbe di eccesso di autostima, però siamo nel divino e nell’ultra terreno, forse cambiano i parametri. Comunque sia andata, il pilastro, ora ricoperto di oro e argento, sta ancora lì a far bella mostra di sé, sopravvissuto a guerre, ad una dittatura infinita e ad un incendio, è venerato dai fedeli. Totem? Chissà.

E il 12 ottobre è una data che riporta ad altri eventi ed avvenimenti che hanno, a modo loro, cambiato la storia dell’umanità.

Nel 1492 Cristoforo Colombo scoprì l’America. Da lì iniziarono gli assalti, lo sterminio dei nativi, una civiltà intrisa di grandezze immense e incivili comportamenti e guerre che dura da secoli. Fino ad arrivare alla presidenza Trump della quale non parleremo, basta leggere le cronache per sorridere o arrabbiarsi.

Nel 1582 il 12 ottobre va in pausa. L’allineamento del calendario gregoriano alle stagioni impone la cancellazione, per quell’anno del 12, 13 e 14 ottobre.

Nel 1931 è rivoluzione, forse una delle più grandi dopo la scoperta dell’America, Guglielmo Marconi da Roma inviò un segnale radio che illuminò la statua del Cristo redentore a Rio de Janeiro. Fu la prima trasmissione radio.

Nel 1960, all’ONU, durante una discussione animata su Unione Sovietica ed Europa orientale, Nikita Sergeevič Chruščёv, segretario generale pel PCUS, per farsi ascoltare, si toglie una scarpa e la sbatte violentemente e ripetutamente sul tavolo. (Per la cronaca si annota che qualcuno, molto vicino all'URSS, tentò di negare il fatto: https://www.historicaleye.it/la-scarpa-di-kruscev-cosa-e-successo-davvero-il-12-ottobre-1960/) .

venerdì 9 ottobre 2020

Ottobre, pensieri liberi e una poesia di Marcello Buttazzo

 È un ottobre strano, fra pioggia, vento e sole ancora caldo quando splende. 
I pensieri navigano lenti fra il mare del Salento e le colline del basso Monferrato, fra culture diverse ma complementari. Dialetti  diversi  con parole spesso simili. 
Oggi, chissà perché, è giornata per pensare ai poeti che guardano il mondo come solo loro sanno fare, con la dolcezza della rabbia per le cose che girano al contrario, espressa con parole lievi e forti.
Non seguirò
più vascelli furibondi
di sogno,
non sfilerò
più le vesti immacolate
a chimere pure
e bugiarde.
Non voglio 
più fanciulle rosa,
cuore e incanto.
Non voglio
più spighe,
né intrecci di diademi di campo.
C'è 
per caso
un paradiso di fiamma
oltre questo stretto giardino?
C'è 
per caso
un tempo usuale
anche per me
oltre l'inganno?
Da "E ancora vieni dal mare", Marcello Buttazzo,  Manni Editori, 2012
Parla il poeta con sguardo proteso al futuro, urla, sussurra, spera. 
Intalnto si pensa a chi dovrebbe informare e lo fa con una dose di cattivo gusto ravanando fra i peggiori sentimenti delle persone. Quando un noto quotidiano locale pubblica sette pagine (sette) su un omicidio, efferato certo, ma che necessita di comprensione sul come e perché, e che, a scapito della indispensabile necessità di garantire non solo processi equi, ma anche silenzi e riflessioni sul perché una società sedicente opulenta consente tutto ciò, allora si capisce come si possa dare la stura a pre/giudizi giustizialisti, non nel senso di una giustizia giusta, piuttosto di una vendetta praticata sui social e non solo. Informazione intesa come voyerismo in sostanza.
C’è qualcosa di abnorme anche in questa informazione.
Che c’entra con l’inquietudine del poeta tutto ciò? Penso ci sia un sottilissimo filo che lega il pensiero positivo all’agire compulsivo.  
In un ottobre, un tempo lungo di un lunghissimo inverno della ragione,   anomala e distorta è la politica detta liquida che ormai sta pervadendo tutto quanto. Improvvisati “statisti” che urlano nelle piazze, immigrati che affogano perché “prima gli italiani”, un Senatore della Repubblica che siede a terra davanti ad una nave carica di poveri cristi perché “non devono sbarcare”, e per fortuna accoglienza e abbraccio dei bimbi che scendono infreddoliti e piccoli dentro e fuori, accolti da urla che dicono “lasciateli affogare”.
Liquida politica o politica che liquida? 
Intanto il giorno scorre lento, ora col sole caldo e una tramontana fredda che accarezza, ci sarà mare mosso, da qui non lo vedo. 
E le mascherine fanno ormai parte dell’abbigliamento, spesso in tinta con la camicia, portate con eleganza e sciatteria, coprenti o semicoprenti. Mentre la pandemia mostra il suo volto ancora una volta e contagia “soprattutto a matrimoni e funerali” dice il TG. Anche morire diventa un problema, sposarsi lo è sempre stato. Mentre ci sono individui (certo non poeti, la poesia è cosa seria) che dicono che l’imposizione della mascherina è dittatura, e che un’applicazione salvavite è violazione della privacy. Sono gli stessi che inondano i social con le loro fotografie, i loro dati, le loro sordide puttanate scritte ed urlate. 
Il 9 ottobre 1967, cinquantatré anni fa,  moriva Ernesto Guevara detto il CHE, da allora diventò icona per intere generazioni. Oggi è spesso un tatuaggio o è utilizzato anche da sordidi personaggi con ideologie nemiche giurate delle sue. Liquidità della politica, ma la difesa della memoria dovrebbe essere indispensabile. Una società senza memoria è una società senza futuro, diceva qualcuno. 
 


lunedì 5 ottobre 2020

Ricordando Carla Nespolo

 


Nespolo, Carla. - Donna politica italiana (Novara 1943 - Roma 2020). Laureata in pedagogia, insegnante, di famiglia partigiana e antifascista, ha ricoperto, sin da giovane, incarichi istituzionali e politici. Dal 1970 al 1975 è stata consigliere provinciale di Alessandria e dal 1975 al 1976 assessore all’istruzione della Provincia di Alessandria. Prima parlamentare comunista piemontese, è stata eletta per due legislature alla Camera dei Deputati e per due legislature al Senato sempre nelle fila del PCI. È stata relatrice della legge per la riforma della scuola secondaria superiore, membro della Commissione di Vigilanza Rai e relatrice di numerose proposte di legge sui diritti delle donne ed è stata protagonista di importanti battaglie ambientali. Nel 2017 è stata eletta presidente dell’ANPI (Associazione nazionale partigiani d’Italia), primo presidente donna e non partigiana, di cui dal 2011 è stata vicepresidente.

 

Carla è morta nella notte del 4 ottobre 2020, quella sopra è una sintetica biografia. Deputata, prima parlamentare orgogliosamente Comunista del Piemonte, poi senatrice. E’ stata prima donna (non combattente) a guidare l’ANPI nazionale dopo una lunga vicepresidenza, e dopo anni come presidente dell'ISRAL  (Istituto Storico della Resistenza d Alessandria), uno dei principali archivi e centro studi esistente in Italia.

Ho avuto il piacere e l’onore di conoscere Carla prima come senatrice, ma erano incontri saltuari, poi dopo la svolta di Occhetto alla Bolognina, quando vennero celebrati i funerali del PCI. E questo secondo fu un incontro che ci avvicinò molto. Io non avevo tessere di partito,  lei era molto critica su quella svolta così repentina che ebbe come primo effetto quello di trasformare le sezioni del PCI presenti ovunque (“ogni chiesa una sezione” diceva Togliatti) in ufficetti di periferia, molti dei quali chiusero definitivamente e rapidamente.

E quando ci incontrammo, a guidare Alessandria, dopo moltissimi anni di sinistra (Sindaco socialista e vicesindaco Comunista da sempre) era da poco arrivata la Lega Nord di Bossi, con le sembianze di una giovane sindaca, Francesca Calvo, che, seguendo i dettami del suo capo, si prodigò a fare ordinanze contro i bimbi degli immigrati e simili nefandezze. Dopo la drammatica alluvione del ’94 inoltre, dopo la ricostruzione delle strade distrutte, comparve in una via di Alessandria la prima “rosa delle Alpi”, il famigerato simbolo della lega nord, fatto di porfido bianco.

In un clima di liquefazione della politica, in una città governata saldamente dalla destra estrema, con la scomparsa dei partiti e il carcere che si apriva per molti esponenti del PSI che avevano preso mazzette in ogni dove, Carla fondò ad Alessandria l’associazione “Critica Marxista” per contribuire ad una rinascita, sia pur lenta, del dibattito. Al’interno di questa facemmo lavoro dal basso, promuovendo presentazioni di libri, interventi sul territorio che si andava leghistizzando piano piano e dove i repressi istinti razzisti si andavano sdoganando. In quel periodo consolidammo una frequentazione che durò fino alla fine. Il Natale scorso, ad Alessandria, ci trovammo per un aperitivo, lei era reduce dal terzo ciclo di chemio, stanca, ma sorridente, ironica ed autoironica. Mi chiese il mio libro ultimo, ovviamente l’avevo portato per lei, parlammo del Salento, mi promise una visita all’ANPI di Lecce, purtroppo non abbiamo potuto riceverla, il destino è andato da altre parti.

L’immagine che ho di lei è di una donna severamente ferma nei suoi principi, ma con una delicatezza ed una dolcezza sempre presenti, sorridente sempre, anche nell’ultimo periodo quando ci si sentiva, raramente. Con un percorso di vita faticoso, in maggioranza nel Comune e in Provincia di Alessandria, ma all’opposizione come parlamentare, ed era, la sua, un’opposizione seria, informata, dura.

Insomma, una compagna di viaggio che ci mancherà molto, a noi tutti.

Buon viaggio Carla.

venerdì 11 settembre 2020

Cittadinanza onoraria a Yvan Sagnet

 

                                                 Yvan Sagnet e i Sindaco Carlo Salvemini

Il comportamento della minoranza in comune a Lecce è assolutamente disarmante. I fatti si riferiscono alla cittadinanza onoraria a Yvan Sagnet. La sua storia è nota:

 Nato a Douala, Camerun, appassionato della cultura italiana e di calcio, nel 2008 emigra in Italia, grazie ad una borsa di studio, si iscrive al Politecnico di Torino dove si laureerà brillantemente in ingegneria delle comunicazioni. Nel 2011 arriva in quel di Nardò come raccoglitore di angurie. Non tarda a rendersi conto della drammatica situazione che vede lui e i suoi compagni e colleghi iper sfruttati dai coltivatori locali che si avvalgono, impuniti, dei caporali per far lavorare in nero gli immigrati. Con paghe da fame taglieggiate dai caporali stessi che girano armati e impongono prezzi per i trasporti, i panini e addirittura per l’acqua che “offrono”.

Yvan si fa promotore di uno sciopero dei braccianti della durata di un mese, diventerà attivo sindacalista CGIL, e grazie al suo impegno diverrà legge il reato di caporalato.

Nel frattempo scrive e si occupa attivamente in tutta Italia dello sfruttamento degli immigrati. Suoi sono i libri:   “Ama il tuo sogno. Vita e rivolta nella terra dell’oro rosso”, del 2012 e riedito nel 2017, che ripercorre le tappe della protesta per la tutela dei diritti dei braccianti migranti , e nel 2015 "Ghetto Italia. I braccianti stranieri tra capolarato e sfruttamento" (scritto in collaborazione con il sociologo Leonardo Palmisano)  (Da Wikipedia)

La cronaca purtroppo racconta che questo tipo di sfruttamento coinvolge ogni parte d’Italia, dal profondo sud per pomodori e angurie, su su fino all’Emilia e al Monferrato per la vendemmia. Un’onta infinita per la democrazia e le libertà individuali.

 E veniamo a Lecce, con una delibera il Comune decide meritoriamente di offrire cittadinanza onoraria a Yvan Sagnet per i notori meriti in ambito sociale. Nel corso del Consiglio Comunale che la doveva votare, al momento di affrontare questo tema all’ordine del giorno, la minoranza (Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia) in blocco si alza dai banchi ed esce dall’aula. Per chi si aspettava un comunicato, una dichiarazione, l’attesa si è mostrata vana. E’ del tutto evidente come questi sciatti individui siano teleguidati da Roma ed altrettanto evidente è che non abbiano capito quel che stavano facendo. I meriti del cittadino onorario Sagnet sono indiscutibili,  gli sciatti bene lo sanno, al punto di non rendere assolutamente giustificabile quel comportamento.

 

 

lunedì 27 luglio 2020

Leggendo Mauro Marino: Di politica e d'amore. (2000 - 2020)

 

 



Ci sono incontri segnanti, quelle persone che riescono ad entrarti dentro e non uscirne più. Quando arrivai in Salento conoscevo pochissime persone. Piano piano, grazie all’accoglienza del popolo salentino e al “clima” generale, iniziai a conoscere, a curiosare luoghi e intelligenze. Passeggiavo sempre con lo sguardo rivolto in alto ad ammirare le meraviglie di un barocco a volte ridondante, comunque imponente. Poi abbassai lo sguardo ed ebbi percezione dei “rifiuti” di vario genere, umani e non, che guizzavano fra le molte persone per bene.

Di questo, soprattutto della bellezza e della meraviglia, scrivevo in un blog amico di un’associazione di Alessandria, profondissimo nord, austera, pacata e ironica. Pianura piatta, caldissima in estate, gelida in inverno, nebbiosa e solare. Le Alpi, da là, si vedono soprattutto quando il sole tramonta, maestose e fiere. Mi pareva bello lanciare un messaggio, unire due lembi così lontani, mani protese fino a toccarsi. Da Alessandria in moltissimi sono passati, pochissimi si sono fermati. Pare una città anonima.  A Lecce invece non si passa proprio, Lecce è isola, se vuoi vederla ci devi venire  appositamente, qui non sarai mai di passaggio.

In tutto questo pensare, meditare, curiosare e scrivere, un giorno non so quale, incontrai in edicola un giornaletto da 50 centesimi, Paese Nuovo, quotidiano di Lecce. Vidi firme amiche e quasi per scherzo inviai via email due cose già pubblicate su www.cittafutura.al.it . Come sospettavo non arrivò risposta alcuna, d’altronde mi chiedevo che senso potesse avere che un giornale di Lecce pubblicasse un piemontese che parla di Lecce e di Salento con le teste pensanti che questi luoghi conoscono a menadito in ogni anfratto?

Invece dopo qualche giorno trovai pubblicati, in corsivo, i miei pezzi. Fu stupore.

Inviai altri pezzi e finalmente volli vedere in faccia quel direttore di cui ammiravo il  coraggio, forse l’incoscienza. Conobbi così Mauro, e scoprii la pacatezza, la calma, il rispetto dell’altro e la saggezza. Ascoltai  pensieri profondi che accompagnano sempre il suo agire nel campo della cultura e dei rapporti umani. Più ci si conosceva, più ci si rispettava e soprattutto imparai da lui il valore della poesia. Da sempre mi ci ero avvicinato con sospetto e un certo timore reverenziale. Però il fatto stesso che Mauro praticasse e promuovesse poeti e versi mi indusse ad avvicinarmi anche a quel tipo di lettura, con parsimonia, è vero, ma con gioia nello scoprire che il mio non praticare poesia, forse era solo una forma di invidia. Il poeta riesce in pochi versi, in parole pesate e meditate, poche, contate, ad esprimere concetti che noi scribacchini per diletto o professione, riusciamo a dire solo con pagine e pagine di parole .

Ora, con “Di politica e D’amore” ho scoperto quasi con commozione, anche Mauro poeta.

 

#iorestoacasa è stata la molla che ha finalmente liberato le sue poesie, grazie al dover passare quei giorni in modo produttivo ha messo in ordine una serie di poemetti che lasciano liberi pensieri e ripensamenti. La parola è vita:

“…Leggiamo. Andiamo incontro all’opportunità di chiarificare, di offrire interpretazioni, modalità alla lingua, nel suo farsi pensiero, punto di vista e innamoramento, motivo ideale… La ricerca è opera, diviene, si dispone all’incontro, costruendo il suo divenire e le sue alleanze.” Così scrive Mauro nella sua piccola introduzione.

E ancora “…nella mia scrittura abitano tre movimenti: un io monologante, un io volto all’ascolto della natura e della Storia, un io nel tentativo dell’amore. Un io che invade, mormora e interroga.”

 E’ questa la giusta chiave di lettura delle operette di Mauro. Poesia come politica, poesia come amore, una (con)fusione ideale. Tre movimenti che diventano poemi e parole che lasciano segni, dagli anni 2000 al 2020, nella consapevolezza che

 

La vita poetica

È nello strazio del non.

 

Nella mancanza!

 

Nel vuoto che ascolta

Vengono le parole

Fanno sussurro. A volte gridano.  

 

E ancora, oltre,

 

Son venuto qui

Con asciugamani rosso cupo

Con Vespa rossa

E l’Unità sul petto, sotto la giubba

A proteggere

Come l’antico andare.

 

E si potrebbe proseguire citando altre parole in questo viaggio in cui esplodono pensieri, sofferenze, gioie, coscienza dell’essere qui ed ora e dell’essere stato, altrove, in altri momenti, in altri mondi forse più pregni di certezze e di principi che pensavamo immortali. L’età, gli anni che passano, mostrano spazi che stiamo imparando ad esplorare, con più dubbi forse, con meno certezze del “per sempre” e del “mai più”.

 

E ancora citando la quarta di copertina: “… La strada, la scuola; la porta aperta, la norma delle pratiche sinora create. Poesia viva, da persona a persona, quello il fronte preferito, atti di costruzione, minimi a volte per una semina non sempre riuscita. Qui c’è il sentire trattenuto, ciò che è rimasto a lato, sul margine a nutrire il diario dei giorni”.

 

Un osservatore attento, poeta raffinato ed impegnato nel comprendere e trasmettere emozioni, Marcello Buttazzo, così ha scritto e sintetizzato come i poeti sanno fare, l’opera di Mauro:

 Il titolo dell’opera è già un manifesto poetico. La politica intesa come fare comunità, realizzare cittadinanza, è la cifra paradigmatica dell’esistenza di Mauro. Non una politica sterile, gridata, inconcludente, quella politica spesso fiaccamente dominante, che non sa decidere e, quando delibera e agisce, mostra il suo volto smunto, la sua bocca vorace. La politica, a cui allude l’Autore, è un saper occuparsi effettivamente dei bisogni della gente, un saper prendersi cura delle necessità degli altri. Un voler entrare in sintonia con l’altro da sé, edificando ponti conoscitivi. E il sentimento amoroso non è scisso da questo modo d’intendere il fare politica. Chi conosce Mauro sa che lui progetta costantemente una politica attiva per la crescita umana, culturale e sociale della comunità. E lui è mosso da un afflato fraterno e d’amore. L’amore è il motore dinamico, che sommuove Mauro. L’amore è, per dirla con Antonio L. Verri, anche l’incanto. “Fate solo ciò che vi incanta”, scrive Verri. Le definizioni apodittiche non sono una grande cosa, poiché hanno la pretesa di incatenare e di incanalare in un piccolo recinto definito e asfittico pulsioni, sensazioni, gioie, dolori, ebbrezze, travagli. Ma se, per un attimo, dovessimo usare una notazione netta e marcata per queste poesie, potremmo dire che sono essenzialmente versi d’amore e d’incanto. https://salentopoesia.blogspot.com/2020/07/nellambito-delle-iniziative-inaugurate.html  

 

Mauro Marino è nato a Lecce il 18 settembre del 1956. Operatore culturale e curatore editoriale, allievo e collaboratore del poeta Danilo Dolci, dal 1999 dirige a Lecce l’attività dell’Associazione Culturale Fondo Verri dedicata allo scrittore salentino Antonio L. Verri.

Giornalista, già direttore del quotidiano “Il Paese Nuovo”. Impegnato sul fronte della prevenzione e della cura del disagio esistenziale, progetta e conduce laboratori di espressione creativa nell’ambito delle terapie integrate del Centro di Cura e la Ricerca sui Disturbi del Comportamento alimentare DSM Asl  Lecce.

 

Mauro Marino:  Di politica e d’amore. 2000-2020 – Spagine editore € 10,00

 


mercoledì 13 maggio 2020

Abbigliamenti




















Nella prima foto si vede Silvia Romano, la cooperatrice finalmente liberata dai suoi carcerieri mentre faceva volontariato. 
Nella seconda si vedono due personaggi noti alle cronache italiane, lui per il suo pseudogiornalismo sostanzialmente xenofobo e islamofobo, lei una parlamentare (già fidanzata del primo) nota non esattamente per il suo bon ton e il suo aplomb istituzionale.

Ora, i due ritratti in una uscita pubblica, criticano Silvia, oltre che per essersi convertita, anche per l'abbigliamento. Ecco, così per dire eh. 

domenica 12 aprile 2020

Buona Pasqua, un Papa, un Sindaco e la quarantena


E' Pasqua, anche in tempo di clausura forzata.
Certo sono tempi cupi, ci ricorderemo di questo periodo per il resto della nostra vita. E temo sarà ancora lungo.
In questi giorni ci passa davanti agli occhi un rosario di  morti per il maledetto virus, di problemi che oltre un mese di blocco totale dell’Italia ha provocato e resi ancora più evidenti. Parliamo di povertà che aumentano, di lavori persi, di redditi azzerati. E parliamo dello sforzo immane che debbono fare i governi ad ogni livello, da quello nazionale a quelli dei piccoli paesi, per tamponare in qualche modo, a volte senza averne strumenti adeguati, situazioni di disagio, povertà, solitudini, spaesamenti.
Quando tutto questo finirà si conteranno le macerie ma anche gli slanci di solidarietà, piccola o immensa, tuttavia sempre commovente.
E la memoria metterà in fila negatività e positività di questi giorni.
Rimarrà sicuramente come un dolce ricordo il silenzio irreale della città, la commovente sensazione di sentire voci provenienti da altri palazzi, il rumore di quell'unica auto che passa in una via solitamente trafficatissima ad ogni ora del giorno e della notte.
E rimarranno le immagini dei “potenti” che scopriamo umani. Rimarrà l’icona di Papa Francesco solo davanti ad una piazza San Pietro deserta, solo a benedire, solo con tutto il peso dei problemi dell’umanità addosso, potente e forte di quella fede che lo sorregge e che gli fa sperare in un mondo meno criminale.
E rimarrà l’immagine di un Sindaco, Carlo Salvemini, nella quotidiana diretta facebook che ci informa ogni giorno alle undici dell’andamento del maledetto virus, delle precauzioni da prendere, della raccomandazione di non uscire di casa, dei controlli su strade comunali e non. Quel Sindaco che, anche lui, forse, oppresso da un periodo così difficile da governare, ha il dovere e l’onere di rispondere ad ogni richiesta. Anche lui però è una Persona, e durante una diretta, arriva a commuoversi raccontando di un’amica, ricercatrice di fama negli USA, che vede morire colleghi fra le sue braccia. Forse è questa la cifra che rimarrà impressa per molto tempo nelle menti e nei cuori. Due solitudini, il Papa di fronte al vuoto della piazza, e un “piccolo” Sindaco di fronte a una webcam.
A noi che stiamo in casa non rimane che ascoltare e fare il poco o molto che possiamo per difenderci e difendere gli altri, con piccoli gesti, con modalità ormai codificate, con mascherine e disinfettanti per le mani. Possibilmente senza lasciarci travolgere dalle ondate crescenti di pessima informazione fatta di bugie e  affidandoci a fonti ufficiali e controllate.
In tutto questo, Buona Pasqua a tutti, per quanto buona possa essere.

sabato 4 aprile 2020

Quarta settimana chiusi in casa

Siamo quindi arrivati alla quarta settimana di costrizione in casa. Abbiamo sperimentato l’ansia da attesa di un nemico invisibile, quella procurata da fake news che arrivano da ogni dove. E le ansie da persistente ed obbligata convivenza che, se pur normale e consueta e scelta, con l'obbligo può diventare in alcuni attimi diversa. 
Però ci sono aspetti altri, quelli che ci ricorderemo con nostalgia quando la vita riprenderà. Parlo dei silenzi della città, delle code tranquille e composte davanti ai pochi negozi aperti, dell’irreale ed inimmaginabile città desertificata, senza traffico. Parlo del canto dei passeri la mattina, dell’abbaiare lontano di un cane, delle voci di due passanti sul marciapiedi sentite nitidamente dal quinto piano (con tutta evidenza due fuorilegge, non si può camminare appaiati), dell’aria che si respira con più facilità, privata della dose massiccia di inquinanti a cui eravamo assuefatti. Parlo di un tempo riconquistato a pensarsi o ripensarsi, e della nostalgia del mare che non mi è dato raggiungere perché vietato. E paradossalmente, ci si sente più adesso di prima con persone care molto lontane, sfruttando ogni strumento informatico e di comunicazione a disposizione. Sembra che tutto, nel dramma della mortalità per il maledetto virus, si sia ridimensionato, sia tornato a costringerci a ripensarci “umani” nel senso più alto del termine. Non strumenti per produrre, code scomposte alla posta e altrove, auto che vanno ovunque e chissà dove, moto rombanti alle due di notte. Ora i semafori che cambiano colore per nessuno nel silenzio fanno quasi tenerezza. Anche la falce di luna è più pulita, limpida. 
Sentimenti e sensazioni contrastanti insomma, paura, ansia, pacatezza abitudini mutate, meno necessità e bisogni indotti da una vita dai ritmi convulsi, tempi molto più dilatati. L’impressione è che ci si lasci cullare dai pensieri e, si auspica, da un ripensamento globale del nostro rapporto con l’ambiente, con lo sguardo alle cose minime, con i rapporti umani.
Certo, tutto sarà difficilissimo quando usciremo da questo dramma, lo slancio umanitario che fa si che tutti, in qualche modo, pensiamo ed agiamo per solidarizzare con i troppi in povertà assoluta, i lavoratori precari rimasti senza un reddito sia pur minimo, gli immigrati che non possono più vendere accendini ai passanti perché sono spariti i passanti, e perché verrebbero multati se sorpresi in giro. Sarà difficilissimo riportare la sanità a livelli di eccellenza dopo decenni di idiote privatizzazioni, la Lombardia è l’esempio lampante della devastazione del servizio di sanità generalizzata a favore di pochi (e corruttori) privati. Rivendicano l’autonomia completa e vanno a pietire dallo stato centrale quando si rendono conto, senza mai ammetterlo, di avere fatto carne da macello di medici, infermieri e personale sanitario in genere.
Sarà tutto difficile ma occorrerà veramente fare sforzi immensi per trattenere il meglio di questa emergenza, e per far si che il peggio migliori poco a poco.
Una città deserta può fare paura, può terrorizzare, ma una città vivibile, senza traffico, con persone che camminano senza mascherine e magari tornano a sorridere, che si abbracciano quando si incontrano, è un traguardo da raggiungere anche dopo. Come è da ripensare la gestione della cultura che avvicina le persone, ridare vita nuova e nuovo respiro alla bellezza intesa nel senso più ampio, dai musei alle chiese, al paesaggio, dai teatri ai cinema alle biblioteche. Tutto a misura d’uomo, tutto “basso” e non levitato in un oltre riservato a pochi eletti (sedicenti eletti). Per fare questo passaggio è però indispensabile una politica che faccia la sua parte e che faccia l'impossibile per meritarsi la fiducia degli elettori. Ad ogni livello, dal piccolo Comune allo Stato centrale. 

venerdì 3 aprile 2020

I tulipani di Mariangela

Ph. Mario robotti 



L'assenza rallenta le informazioni, tutto è lontano, troppo a volte. 
Ma esiste un “cortile” dove si rincorrono come bimbi i ricordi che ti porti dentro e che sono stati momenti importanti per te e per la tua crescita. Sorrisi e risate, risse e incazzature, viaggi in collina o per strade sterrate.
Così arriva improvvisa, attraverso un post su Facebook, la notizia che non ti aspetti, perché il tempo si era fermato a quei momenti e a quei ricordi. 
Un post che dice dei suoi tulipani nati e che, chissà “se li potrà vedere da dove si trova”.
Così, per caso, cullato dalla forzata reclusione in casa, il cuore si stringe e i ricordi affollano la testa. Quelle domeniche passate all’Orba facendo bagni nel torrente e mangiando panini e insalate. Quelle sere d’estate passate a parlare di mille cose, a ridere e scherzare. La vita intanto era infinita e noi non saremmo invecchiati mai. E giri su fiat 500 blu o 126 di terza mano. E quei fidanzamenti infiniti che diventavano matrimoni, poi la figlia, poi il lavoro. Quelle coppie che erano due singoli ma un unicum indivisibile. Solo la vecchia signora ha potuto osare.
Così, leggendo di tulipani, arriva una strana  “saudade”, la nostalgia dei momenti belli, e arrivano i mille quesiti irrisolvibili. Così ti trovi a provare ammirazione e, forse, un po’ di invidia per chi crede che ci sia un aldilà dove forse la serenità ritorna. L’oltre, l’aldilà, è forse la più straordinaria invenzione delle religioni, una meraviglia. Il solo modo di sconfiggere la morte.
Però occorre avere fede. E la fede è, per sua definizione, cieca. Una scommessa al buio. Un tempo mi definivo prudentemente agnostico, in fondo sapevo di non sapere. Con l'invecchiamento, però, più si è insinuato il dubbio,  l'agnosticismo è diventato ateismo.
Quindi non ho speranza alcuna di rivedere o reincontrare. Quindi la morte è ancora più definitiva e buia.
Per questo è doloroso apprenderne, per questo ritornano ricordi che pensavi seppelliti chissà dove e chissà da quando. Macchè, erano lì ad aspettare, come la risata di Mariangela  che se ne fregava degli scacchi e della maratona, ma si lasciava coinvolgere sorridendo a organizzare tornei di scacchi e una maratona.
Sono belli veramente i tulipani di Mariangela. E sono belli i ricordi, anche se velati di saudade e un po’ di tristezza.  

martedì 31 marzo 2020

Autodichiarare ai tempi del corona virus


Sono quattro i moduli che ad oggi ci risulta siano usciti. I primi erano più semplici da compilare: ci chiedevano (soltanto) di essere a conoscenza delle misure di contenimento del contagio come da DPCM concernenti lo spostamento delle persone fisiche all'interno di tutto il territorio nazionale, nonché delle sanzioni previste in caso di inottemperanza, cui seguivano le motivazioni dello spostamento, e la parte propriamente dichiarativa che fungeva da contenuto della giustificazione.

Il 17 marzo, un ulteriore aggiornamento chiedeva non solo più di essere a conoscenza delle misure di contenimento per (evitare il più possibile) gli spostamenti, ma anche di non essere sottoposto alla misura della quarantena e di non essere risultato positivo al virus, senza poterlo effettivamente sapere in assenza di tampone eseguito, (ben) potendo rientrare tra quelli “…asintomatici”; oltre che essere a conoscenza delle sanzioni (in allora) previste per l’inottemperanza delle predette misure, configurando il reato contravvenzionale di cui all'art. 650 c.p.

Il 23 marzo è uscito un altro modulo che, se confrontato, reca oltre all'inizio dello spostamento e la sua destinazione —solo in termini di spazio e non anche di tempo — una motivazione rientrante nel novero delle situazioni di necessità scissa tra la “assoluta urgenza” e la “situazione di necessità” differendo l’una per trasferimenti in comune diverso, l’altra per spostamenti all'interno dello stesso comune, con il richiamo dei due DPCM rispettivamente del 22 marzo e dell’8 marzo 2020.

Il 26 marzo esce (si spera) l’ultimo, attualmente in vigore, disponibile, unitamente alle regole per gli spostamenti — altrettanto importanti da leggere e sapere — nella pagina del Ministero dell’Interno. (Fonte: Agenda Digitale).

Collezione autodichiarazioni

Dalla tragedia alla farsa il passo è breve. E il governo Conte, dal punto di vista delle autocertificazioni, ci è arrivato in dieci giorni netti.
CI sarebbe da ridere se  questa bulimia autocertificativa non avesse conseguenze per una persona normale. Si parla di multe oltre i 400 euro e fino a 3000 e addirittura di denuncia penale per errate dichiarazioni.
Nell'ultima versione, oltre che dichiarare di non essere sottoposto a quarantena, di non essere positivo al virus (omettendo “a mia conoscenza”, perché, se sono asintomatico e dichiaro di non essere positivo, dichiaro il falso?), di indicare il percorso da/a per gli spostamenti, occorre dichiarare di essere a conoscenza delle norme locali in caso di cambiamento di regione. Se andate dalla Puglia all'Emilia non azzardatevi a fermarvi a fare pipì in Abruzzo, altrimenti rischiate grosso.
Per gli spostamenti locali invece si fa dura, se esco di casa per andare in panetteria, poi all'edicola, poi dal tabaccaio, poi al supermercato, poi a comprare i croccantini per il cane, devo dettagliare il tutto o limitarmi a mettere “commissioni indispensabili”? In questo caso però non potrei mettere da / a, perché i negozi sono in 4 vie differenti e va a finire che se il controllore è pignolo mi denuncia.
E se porto il cane a fare la passeggiata “nei dintorni della mia abitazione” devo comunque descrivere il percorso? E se il cane da via Battisti mi scappa in via Salandra? Incorro in denuncia penale se lo rincorro?
Sulla “assoluta urgenza” e “stato di necessità” poi la cosa si fa bizzarra. Non è l’urgenza anche necessità?
In tutto questo rimane il problema del pensionato che non ha computer, non ha internet o non ha una stampante. Non può farsi stampare i moduli perché i negozi sono chiusi. E’ vero che solerti controllori possono fornirlo e compilarlo seduta stante in presenza del malcapitato che ha comprato il pane. Tuttavia questa operazione implica la perdita di non meno di 15 minuti per il controllato e il controllore. Assieme allo stress da controllo ovviamente. C’è anche la bizzarra alternativa che dice “si può ricopiare a mano il testo”. Ma l’avete letto? Occorre scrivere mezz'ora citando codici e codicini.
Data per scontata la necessità di un modulo, non sarebbe stato più dignitoso per il governo e per i controllati una cosa semplice semplice e soprattutto unica?
Il rischio è di uscire di casa con il modulo compilato e scoprire dopo un’ora che il ministro pinco pallino ne ha fatto uno nuovo e diventare tout Court fuorilegge.  
In attesa del quinto modulo!

domenica 22 marzo 2020

Coronavirus: Misure eccezionali "sconcertanti"?


Su huffingtonpost A. De Angelis ha pubblicato un articolo a titolo “sconcertante” .
L’incipit dell'articolo è “La più grande limitazione della libertà nella storia della Repubblica affidata a un videoannuncio notturno, senza provvedimento e senza passaggio parlamentare. C'è una rottura istituzionale sullo stato di eccezione per cui sta diventando tutto lecito in nome di un doppio standard”.
In effetti è tutto molto improvviso (improvvisato?) e fatto nel cuore della notte, quando solo pochi erano attenti dopo lo stress indotto da giornate, troppe, di emotività spinta agli eccessi. Quarantene, stare chiusi in casa sentendosi quasi fuori luogo se si deve uscire per comprare il giornale, notizie sparate a ritmo continuo dalle tv, radio, internet, bufale sui social che hanno come unico scopo quello di terrorizzare. Addirittura guardare con sospetto il vicino se starnutisce e cambiare marciapiedi si rischia di passare a un metro da un altro povero cristo che ha lo sguardo sperso dietro la mascherina.
E ancora le preoccupazioni perché di fatto nessuno è in grado di dire fino a quando durerà questo scempio di situazione, inedita per il mondo intero, certamente, ma che richiede un governo coeso e deciso. Tuttavia queste doti debbono viaggiare sempre e comunque nell'alveo delle regole democratiche, guai a prescinderne.
E in effetti l’apparenza di queste misure da coprifuoco lanciato nel cuore della notte hanno il sapore amarissimo della stretta alle libertà individuali dettata, forse, da nobili motivi, ma con le stesse caratteristiche di altre strette, di altri coprifuoco, di altri regimi.
Dobbiamo essere tutti molto saldi e rispettare banali regole di convivenza anche in presenza del virus maledetto, però dobbiamo essere certi che le nostre libertà non siano messe in discussione, che tutto torni quanto prima nella norma e nell'alveo della Costituzione che al momento pare messa in quarantena.
L’articolo di De Angelis mi ha spinto a riflettere sul fatto che stiamo dando al governo in carica una patente di credibilità e di fiducia immensa, inedita, mai neppure pensata prima. Inopportuna?Immaginiamo se al ministero degli interni ci fosse mister 49 milioni, con le stesse misure urleremmo al golpe, ci si ribellerebbe. Personalmente non sarei affatto tranquillo, perché un’epidemia come questa potrebbe essere un ottimo strumento in mano a chi vuole uno stato “forte”, gli permetterebbe di usare la forza contro la democrazia. E, tutto sommato, questo del governo Conte, tralasciando una discussione in parlamento, potrebbe essere il viatico, la prima volta, un "si può fare" che in altri momenti sarebbe veramente fatale. 

mercoledì 11 marzo 2020

Ai tempi del Corona Virus


E così siamo in emergenza conclamata. Ieri sera, saranno state le 21, mi affaccio al balcone su una via solitamente trafficatissima di Lecce ad ogni ora del giorno e della notte, attratto dall'irreale silenzio, ed era deserta, in una quindicina di minuti sono passate due auto, una non si è neppure fermata al rosso, non ne valeva la pena.



Nel giro di 24 ore siamo passati da “cautela nei contatti, distanza di un metro da eventuali interlocutori, non frequentate luoghi affollati” a “tutti in casa, uscite esclusivamente per motivi importanti e seri” e per uscire occorre compilare auto dichiarazione che dice chi sei, dove abiti, perché sei in giro. Roba da coprifuoco in tempo di guerra, solo che allora potevi essere passato per le armi, ora “solo” 206 euro di multa ed eventuale denuncia.  Però questa volta non è per l’ordine pubblico, è seria la cosa, dobbiamo tutti quanti contribuire a salvaguardare la salute nostra e di chi ci sta vicino. E in fondo, come dice un post sui social “ai nostri genitori o nonni ordinarono di andare a crepare in guerra, a noi chiedono di stare in casa, sul divano, con TV, radio, computer, smartphone e con il frigorifero pieno”, non male in fondo. Non fosse per quella maledetta sensazione di provvisorietà che attanaglia. Una vita, magari non splendida, però sicura, con un iter monotonamente quieto, sconvolta da un virus invisibile, piccolo, impalpabile, che però mette in ginocchio il mondo intero.
E’ strano vedere un sacco di gente mascherata da mascherine che cammina guardinga, allontanandosi se si rischia di sfiorarci sul marciapiedi. E guardandoli penso che chissà quanti di loro, vedendo una donna mussulmana col velo, imprecavano.
Strade deserte, la luna piena che mi sono scordato di guardare, preso da pensieri altri, ahimè, il finocchietto selvatico raccolto per farne liquore, però manca l’alcool, introvabile perchè ne è stata fatta incetta immotivata.
In mezzo a tutto ciò si inseguono post sui social che improvvisamente, dopo essere stati pieni di calcestruzzisti quando cadde il ponte Morandi, di espertissimi di politica internazionale per ogni guerra che c’è sul pianeta, oggi si scoprono   virologi di fama e i migliori gestori di emergenze nazionali. In tantissimi hanno ricette opposte a quelle ufficiali, in troppi sanno esattamente come agire e cosa fare. E chi decide, ovviamente, sbaglia sempre. E’ pur vero che il governo centrale è andato un po’ a tentoni nei primi tempi, però poi la barra è stata salda. Eppure quando fecero le zone rosse erano troppo allarmisti, quando ampliarono l’allarme ad altre zone colpite dal virus erano esagerati, ora che hanno fatto dell’Italia un’unica zona a rischio fanno troppo poco, devono far chiudere tutti i negozi e le attività. Schizofrenia bella e buona insomma.
Stiamo tutti calmi per favore, ci sono regole banali da seguire, facciamolo. L’assalto ai treni per andare da una zona rossa all’altra, ai supermercati per accaparrarsi pasta (tutto tranne le penne lisce però)  è isteria bella e buona. Poi va a finire che non posso fare il liquore di finocchietto, e allora come passo il tempo chiuso in casa?
Comunque fuori, nel pochissimo traffico, c’è un sole stupendo, tramontana fredda e sole caldo, roba da andare al mare a farsi un giro. Ah, non si può. A meno che non sia considerata terapia. Ora chiedo.

venerdì 21 febbraio 2020

Strategie neofasciste identiche a quelle dell'ISIS


Dopo la strage di Hanau in Germania risulta ancora più chiaro quanto evidenziato da una importante inchiesta  su L’Espresso del 14 febbraio scorso “Il Fascista alla porta, una rete suprematista internazionale presente anche in Italia…”
E’ ormai acclarato come esita una fitta rete di contatti e di siti gestiti da nazisti e fascisti a livello internazionale. La migrazione degli espulsi da Facebook  verso siti quali Telegram e altri loro complici, i quali predicano l’odio verso il diverso, sia negro, ebreo, straniero, gay o quant’altro, ha come scopo la ricerca della strage fine e sé stessa. Anche in Italia abbiamo avuto esempi di questa strategia con vere e proprie mattanze (Traini docet) e con lo stillicidio di scritte, svastiche sui monumenti, minacce a ebrei e non solo. La strategia di questi criminali ha una profonda somiglianza con quella dell’isis, lanciare segnali di guerra in rete e lasciare agire cani sciolti in ogni dove. Esaltati che nel chiuso delle loro camerette si drogano con notizie e slogan che leggono su quei siti, e si sentono autorizzati a compiere le peggiori nefandezze, assaltare immigrati, gay, e nelle meno cruente ipotesi, a fare scritte sui campanelli e sui muri, invitando di conseguenza all’odio diffuso.
In tutto questo agiscono, colpevolmente inconsapevoli, individui che rimestano nella palta del neofascismo. Sindaci di piccole città che chiedono lo scioglimento dell’ANPI, personaggi squallidi che si rendono, nei fatti, collaterali alla strategia di questi criminali condannando chi li contrasta a livello etico, morale, culturale.
Nessuno intende sostituirsi agli inquirenti, ad ognuno il suo lavoro, però è indispensabile una profonda riflessione e una continua vigilanza a qualunque livello. E denunciare ogni sospetto movimento a chi ha il compito di indagare.
La storia parte da lontano, è di questi giorni la notizia che la strage di Bologna, ad opera dei neofascisti nostrani, venne imposta, finanziata e agevolata da Licio Gelli, il quale aveva ai suoi ordini i servizi deviati e una parte della politica nostrana, d’accatto, oltre che legami stretti con le mafie. Il passaggio di consegne ad un altro ventennio dominato da personaggi poi condannati per vari reati quali malversazione e strettissimi rapporti con cosa nostra (cit. Dell’Utri, Berlusconi & c.) fu una delle conseguenze di quel periodo e di quelle stragi.
Ora questo nuovo fenomeno che vede leggera indifferenza, come già citato, di una parte della politica ufficiale. Braccia tese ai comizi di noti politici già padani, teste rasate e, ovviamente, singoli folli disponibili ad azioni cruente che si lasciano irretire da chi vuole pieni poteri.
Le difese da tutto questo scempio stanno nella ostinata valorizzazione della democrazia in ogni sua forma, anche nell’impedire colpi di mano che vogliono depotenziare le rappresentanze parlamentari consegnandoci un parlamento fatto di ricchi signori che possono comprarsi voti e rappresentare solo una parte della popolazione. Stanno nell’antifascismo, nella lettura attenta degli accadimenti e nella loro comprensione, e soprattutto, citando un noto magistrato, continuando a  ”resistere, resistere, resistere”.
  

domenica 2 febbraio 2020

Cartoline dal Salento. Prima presentazione.




Dalle “Note di Lettura” di Fernanda Franchini, Diego Dantes e Mauro Marino che sono la prefazione di Cartoline dal Salento.

Pensieri e parole in libertà, Cartoline dal Salento. Questi i titoli che potrebbero definire i bozzetti di Gianni Ferraris apparsi, un po’ di anni fa, su il Paese Nuovo di
Lecce, ed. cartacea, su Fondazione Terra D’Otranto (www.fondazioneterradotranto.it) e sulla pagina on line di Città Futura di Alessandria (www.cittafutura.al.it), un’esperienza che gli ha permesso di mettere radici nel Salento e, al contempo, di mantenere i contatti con Solero (Alessandria), sua città di origine. Impostati come un flusso di coscienza, sono il ritratto di chi pensa ed osserva mentre vive e vive per osservare,
con curiosità, il mondo che lo circonda, per coglierne il senso e la storia, per immergersi nel nuovo e farlo proprio, per conoscere storie e luoghi del territorio in cui ha scelto di vivere e fissarli sulla pagina… (F. Franchini)

…Quando Gianni mi ha parlato di voler raccogliere ed organizzare alcune sue riflessioni,
contenute in questa raccolta, sono stato felice di leggerle. Sono, di fatto, la naturale conseguenza del suo eterno “osservare” e la conclusione di alcune parti del suo precedente lavoro. Ancora una volta, ho colto la sua urgenza di voler raccontare una terra che lo ha incantato ed ospitato. Sono stato felice di poter assaporare quella visione “altra” della mia provincia, quella visione pragmatica e, al contempo, sognatrice che solo un piemontese possiede. Una terra, la nostra, piena di contraddizioni che Gianni vede lucidamente, ma che lo ha comunque accolto, nonostante sia una terra così distante da quella sabauda… (D. Dantes)

Farsi “prestare” gli occhi trovo sia sempre un esercizio utile. Affinare la propria sensibilità puoi farlo solo cambiando il punto di vista accogliendo quello dell’altro
- scardinando le convinzioni sedimentate, le consuetudini, la scontata adesione alle “cose”, al quotidiano, alla Terra, alle particolarità che, sempre di più, diventano impiccio identitario. E, allora, cosa c’è di meglio che la scrittura per aderire allo “sguardo dell’altro”? … (M. Marino)