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venerdì 28 aprile 2017

Lecce, 25 aprile 2017, la comemorazione ufficiale



Un momento della commemorazione (ph: Lecceprima.it)


Il 25 aprile a Lecce è stata, come ogni anno e sempre più, una giornata di partecipazione e commozione. Quest'anno l'ANPI locale ha chiesto alla sua iscritta, la giovanissima Naomi De Pascalis, di tenere la commemorazione ufficiale. Naomi si è laureata da pochissimi giorni con una tesi proprio sulla Resistenza in Puglia, ANPI è stata più che degnamente rappresentata in ogni sua istanza con questo passaggio di generazione avendo ben chiaro sempre che la Resistenza non si è chiusa il 25 aprile 1945, ma deve proseguire proprio per arginare un neofascismo sempre più sfacciato. In una lista per le comunali a Lecce che si chiama, prendendo spunto dal gruppo fondato da Pino Rauti, "Andare Oltre" sono presenti personaggi che sui social non fanno mistero della loro fede e postano immagini di Hitler e Mussolini. Casa Pound ha presentato un proprio candidato sindaco e via dicendo. 
E deve proseguire in difesa della Costituzione "più bella del mondo" da sinistri tentativi di demolirla e sfasciare i principi fondanti della Repubblica nata dalla Resistenza.

Il discorso integrale di Naomi:

Buongiorno e buon 25 aprile a tutte e a tutti.
Non è facile per una giovane donna come me, che la Resistenza l’ha studiata sui libri di scuola, trovare le parole giuste per commemorare questa giornata così importante e riuscire a trasmettere a voi presenti il ricordo di tutte e tutti quelli che decisero di sacrificarsi, di sacrificare le loro vite per prendere parte alla Guerra di Liberazione. A 72 anni da quel 25 aprile molto è stato detto nelle commemorazioni ufficiali e tanto altro è stato scritto nei libri di storia. Coloro i quali decisero di prendere parte alla guerra di Liberazione, alla cacciata del nazifascismo dal territorio italiano fecero una scelta. Una scelta legata al desiderio di libertà, al desiderio di porre fine ai soprusi di cui il ventennio fascista si era macchiato, desiderio di porre fine ad una guerra che già prima della comunicazione dell’armistizio avvenuta l’8 settembre1943, avendo generato malessere non era più ben vista dalla gente comune.
In una giornata come quella di oggi è importante e doveroso ricordare il ruolo e l’apporto che il Salento e la Puglia, attraverso le sue donne e i suoi uomini, hanno avuto nella Guerra di Liberazione. Ancora oggi, quando si pensa alla Resistenza o quando se ne parla, nell’immaginario collettivo si fa riferimento a quanto accaduto nel Centro e Nord Italia. Poco o niente si sa di quanto accadde in Puglia durante la fase di occupazione e ritirata tedesca che vide il nostro territorio essere vittima della cieca furia e della becera violenza tedesca, per circa 20 giorni a partire da quel famoso 8 settembre 1943. Poco o niente si sa di coloro che, trovandosi al Nord decisero di darsi alla macchia, di andare in montagna a combattere, o molto più semplicemente decisero di aiutare i partigiani fornendo loro informazioni sulle postazioni nazi-fasciste o sugli spostamenti delle truppe tedesche; poco si sa nonostante il numero di studi sull’argomento sia cresciuto negli ultimi anni grazie al lavoro di studiosi di storia locale.
Se mi fermassi a chiedere a voi presenti qui oggi: chi sia Maria Teresa Sparascio, chi sia Umberto Leo, chi siano Enzo Sozzo, Gianni Giannoccolo, Salvatore Sicuro, Andrea Sozzo o Salvatore Mazzotta, probabilmente solo pochi di voi saprebbero rispondermi e ancor meno potrebbero essere quelli che sono a conoscenza del fatto che in città ad Enzo Sozzo, Andrea sozzo e a Salvatore Mazzotta sono state intitolate delle vie.
Quelli che ho appena citato sono solo alcuni dei nomi di nostri conterranei che decisero di prendere parte alla guerra di Liberazione, che furono parte attiva della Resistenza ognuno secondo il proprio pensiero e le proprie modalità.
Maria Teresa Sparascio, tricasina di origine ma trapiantata a Langhirano in provincia di Parma, decise di dare il proprio contributo diventando una staffetta partigiana; Enzo Sozzo combatté nelle SAP le Squadre di Azione Patriottica; Gianni Giannoccolo: il Presidente del nostro Comitato Provinciale dell’Associazione Nazionale partigiani d’Italia, martanese di origine, partì volontario nella compagnia  Gramsci nel 3° Battaglione nella terza Brigata Oltremare insieme con il compaesano Salvatore Sicuro; Umbero Leo combatté in Piemonte e così Salvatore Mazzotta. Figura emblematica è quella di Umberto Leo poiché attraverso la sua storia, si può capire cosa sia stato il fascismo con la sua propaganda agli occhi di molti giovani italiani, ma al tempo stesso cosa significava compiere la scelta di essere un partigiano. E voglio ricordarlo attraverso quella breve testimonianza che il partigiano Leos, questo il suo nome di battaglia, ha lasciato ad Enzo Bianco uno storico locale, proprio rispetto alla sua scelta di diventare partigiano, nonostante in un primo momento avesse deciso di combattere al fianco dei repubblichini.
Racconta Umberto Leo ad Enzo Bianco, rispetto ai mesi di servizio di leva svolto nella Repubblica Sociale Italiana e rispetto alla scelta successiva di diventare partigiano «Mancava tutto, non c’era organizzazione, l’alleanza con i tedeschi era difficile da sopportare», ricorda. «E poi mi colpì molto un episodio al quale mi capitò di assistere ad Ivrea: un uomo non si tolse il cappello al passaggio del labaro fascista e fu ucciso all’istante! Mi resi conto, sia pur lentamente, che ci avevano fatto vivere nell’ignoranza, nell’oppressione e nella violenza. E così non c’è da meravigliarsi se dopo l’8 settembre tutta la mia squadra passò con i partigiani. Ormai c’era una voglia enorme di liberarsi dai tedeschi e dai fascisti.»
Questi sono solo alcuni dei nomi e solo dei piccoli accenni alle loro vite e al loro ruolo nella Resistenza; se si volessero approfondire le storie di tutte le donne e di tutti gli uomini salentini che presero parte alla Resistenza non basterebbe una commemorazione della liberazione al mese. Le istituzioni, la scuola, la società civile dovrebbero farsi carico così come fa l’Anpi dal giorno della sua istituzione, e in sinergia con l’Anpi stessa, di approfondire le storie di quelle donne e di quegli uomini, di farle proprie e di ricordarle non solo in concomitanza o in prossimità delle celebrazioni ufficiali. La storia della Resistenza, le storie di coloro che alla Resistenza presero parte dovrebbero essere argomento quotidiano, affinché il sacrificio di quelle donne e di quegli uomini non sia stato vano. Conoscere la Resistenza significa conoscere una delle pagine più belle della storia d’Italia, conoscere la Resistenza potrebbe essere la risposta migliore a coloro i quali, nel 2017, continuano ad inneggiare al Fascismo attraverso i suoi simboli e l’esaltazione di alcune sue figure, quasi che il fascismo non appartenga a quella pagina più oscura, più violenta e antidemocratica della storia d’Italia. Conoscere la Resistenza significherebbe arginare queste persone, significherebbe attuare, grazie al valore che viene trasmesso dalla memoria storica, la XII disposizione costituzionale. XII disposizione che vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. La storia della Resistenza non come semplice e banale narrazione, quindi, ma la storia come strumento per la formazione di una coscienza critica che possa, negli anni a venire: portare alla cancellazione di tutti quei richiami al regime fascista, di tutte quelle associazioni o movimenti politici che non solo inneggiano al fascismo ma ne sono per ideologia una discendenza diretta; coscienza critica che attraverso la comunicazione della propria indignazione rispetto a queste nuove forme di fascismo, possa portare le istituzioni tutte ad arginare coloro i quali si macchiano di “apologia del fascismo” poiché non è più ammissibile che nel 2017 certi atteggiamenti, certi richiami nettamente espliciti, vengano liquidati come “ bravate” o come ragazzate. Non è più possibile che siano proprio alcuni membri che siedono all’interno delle istituzioni, quelle istituzioni che sono tornate ad essere democratiche proprio grazie alla caduta del regime fascista, a richiamare l’ideologia fascista attraverso l’esaltazione dei suoi simboli diffondendoli e vantandosene sui social network, restando totalmente impuniti e continuando a svolgere la loro attività politica all’interno dei vari consessi.
La Resistenza è stata antifascista e come tale deve essere ricordata.
Scriveva Calamandrei, in quell’epigrafe di denuncia contro la scarcerazione di Kesselring nel 1952:
 “Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre

RESISTENZA
Ebbene, quel camerata Kesselring a cui Calamandrei si riferiva all’inizio dell’epigrafe, sembra essere tornato. Non in carne ed ossa, ovviamente, ma sembra essere tornato. Anzi, forse sarebbe meglio dire che sembra non essersene mai andato via poiché il suo spirito e la sua ideologia continuano ad essere presenti in coloro i quali nascondendosi dietro una facciata di italianità, altro non fanno che soffiare sul fuoco dell’odio ed alimentano il razzismo nei confronti di chi, mettendo comunque a repentaglio la propria vita, decide di scappare dalla guerra in cerca di un futuro migliore per sé o per i propri figli. E coloro i quali assumono questi atteggiamenti, altro non sono che dei piccoli Kesselring contro cui, prendendo proprio spunto da quanto detto da Calamandrei: “dovremmo farci trovare ai nostri posti” a difesa di tutti coloro che attraversano il mediterraneo sperando solo di riuscire a sfuggire alla guerra e alla fame.
In una giornata come quella di oggi in cui si celebrano i valori della libertà e della democrazia, non bisogna dimenticare che dalla Resistenza nacquero la nostra Repubblica e la nostra Costituzione, le nostre basi per l’unità europea. La nostra Costituzione che veniva approvata ormai 70 anni fa dall’Assemblea Costituente, e per la precisione il 22 dicembre 1947. Assemblea costituente che racchiudeva in sé tutte le anime della Resistenza, i suoi valori, e i suoi principi. Principi che riportati interamente nella carta costituzionale, a 70 anni dalla loro approvazione sembrano ancora: disattesi, non attuati, distanti dall’essere realizzati. Principi che dovrebbero essere attuati in toto affinché il sacrificio dei nostri partigiani non sia stato vano. Principi che dovrebbero essere attuati già da ora, considerando il clima torbido e violento in cui sembra essere calato lo scenario politico internazionale, a partire da quanto contenuto e sancito nell’articolo 11 della stessa Costituzione in cui i padri e le madri costituenti espressero il loro secco rifiuto alla guerra attraverso quella stupenda formula in cui si legge:“ L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.” Ed è tenendo presente i dettami dell’art. 11 che l’Italia dovrebbe agire rispetto allo scenario bellico che sembra prospettarsi nell’immediato futuro.
Chiedo scusa se ai più il passaggio sulla Costituzione possa essere sembrato inopportuno, ma non si può prescindere dalla Costituzione in quanto figlia della Resistenza che oggi siamo qui a commemorare.
E questa commemorazione, questa Festa della Liberazione, dovrebbe essere vista non come un “punto di arrivo”, come una semplice celebrazione, o come una festa che alla fine dei conti ci permette di stare a casa da scuola o dal lavoro, ma dovrebbe essere considerata come un punto di partenza per tutti noi. Un punto di partenza su cui riflettere per far sì che la memoria e la storia della guerra di liberazione non si perda, per far sì che eventi così funesti come quelli della seconda guerra mondiale non si ripetano più, affinché la Resistenza funga da forza propulsiva e propositiva per le generazioni future, perché il 25 aprile sia 25 aprile sempre 365 giorni l’anno.
Ora e sempre RESISTENZA.



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