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domenica 18 settembre 2016

"dov'è la meta?" ricordi sparpagliati

“La nostra meta non è mai un luogo, ma piuttosto un nuovo modo di vedere le cose” (Henry Miller)

Ph: http://www.francescosidoti.it/il-tartufo-incantato/ 

Quante volte ci si chiede qual è la meta? Il lavoro per alcuni, la pensione per altri, gli occhi della lei o del lui che scrutano, scavano, guardano il dentro….
Qual è la meta? Forse la collina lassù, nel basso Monferrato, persorrere la strada da San Salvatore a Lu Monferrato facendosi cullare dalla sinuosità del basso crinale che l’auto percorre, magari con una musica dolce alla radio. Vedere viti e campi, ville belle di gente ricca, e ricordarsi quel giorno con lei. L’auto rubata al papà “speriamo non gli serva altrimenti se ne accorge” e l’emozione di quel bacio.  Terra morbida, dura da lavorare un tempo, ora trattori grandi come astronavi fanno tutto…
Qual è la meta? Forse, chissà, Genova e il suo mare, il suo porto antico, il faro, un ricordo d’altri tempi. Per andare a Genova l’A7, la “camionale” poi chiamata autostrada, con mille curve.
La meta, forse, è solo il ricordo e la voglia di tornare in una giornata, un luogo remoti nel tempo. “Il passato non torna, fattene una ragione” ma si sa, come si dice in paese spesso vogliamo “battere la fisica”. E allora ci si tuffa in quel giorno, in quel luogo, allora si sente il profumo di primavera, e si vedono fiori nei campi. Da quelle parti c’è Santo Stefano Belbo con la casa di Pavese e quella di Nuto. C’è ancora, in lontananza, la saggezza e la lentezza della vita di collina, salire e scendere campagne, viti coltivate ramo per ramo. Quando la miseria sembrava lasciare lentamente il posto ad un benessere diverso, diffuso. Non scordandosi però di lasciare ai poveri la povertà. Però potevano riscattarsi, magari andare a lavorare in fabbrica.  Vennero i partigiani in quelle colline, vennero i crucchi e quelli di Salò. Fu guerra guerreggiata. Però ora è solo ieri, ora sono lì, lei aveva occhi diversi mentre mi accompagnava a San Salvatore passando da Lu.   E rideva parlando di cose allegre quando ci fermavamo a guardare tramontare il sole, un po’ di emozione, un po’ di serenità… Il mondo sembra tutto colline da dove siamo, sinuose, eleganti, pulite, sensuali… “Sembra una distesa di tette” diceva lei ridendo forte…
Dov’è la meta? Chissà, forse è al confine fra Italia e Francia una Pasqua di molti anni fa, quando portavamo vino e i francesi erano incazzati con gli italiani che esportavano vino... Da vendere però, noi avevamo solo sei bottiglie per gli amici avignonesi. Loro gestivano un bar trattoria ai piedi del Mont Ventoux, dove un giorno lontano morì un corridore del Tour, si chiamava Tommy Simpson, era inglese, il suo cuore non resse a quella salita maledetta. Nel 2000 la tappa venne vinta dal mitico Pantani. Ventoso il monte, mistral il vento che lo schiaffeggia. Gli amici francesi ci accolsero con il Pastis, non si poteva rifiutare... anche due  se era il caso, e anche il terzo se insistevano.
Poi giocammo con le miniboulles, piccole bocce. Il lunedi di Pasqua un immenso tavolo nei campi con molto cibo… come si conviene… e fiumi di vino.
Dov’è la meta? Forse solo e banalmente un po’ di serenità, quella che chi non la saprà mai trovare “senza adrenalina non si muove il pennello…” mi dice un amico che dipinge. “Riesco a creare solo quando sono teso…” e allora cerchiamo serenità cerchiamo di ridere, di cuore… e forse, chissà, si può anche creare ridendo.


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